venerdì 18 dicembre 2015

Michael Wally (Michel Herbert & Eugène Wyl): LA CASA VIETATA – Gialli Economici Mondadori N.188 dell’ 8 maggio 1941



Michel Herbert & Eugène Wyl, lo pubblicarono nel 1932: La Maison Interdite, da allora, tra gli addetti ai lavori, è sempre stato ritenuto un Classico della Camera Chiusa:
In Italia fu pubblicato, in edizione non integrale, nel 1941, nella collana dei GEM, Gialli Economici Mondadori (collana anteguerra), con il titolo “La casa vietata” ma con uno pseudonimo: Michael Wally. Successivamente, negli anni '90, Igor Longo svelò in Italia che trattavasi del romanzo dei due autori (del resto lapallissiano per chi conoscesse il romanzo, visto che una volta tanto il titolo nella lingua originaria fu tradotto  in italiano. ).


Le notizie biografiche sono quantomai aleatorie: si sa che furono scritti altri tre romanzi (l’Homme qui disparut, Le Crime derrière le porte, Les Serpents d’Or). Devo dire che, personalmente, possiedo il raro Le Crime derrière le porte, in francese).
Da alcune fonti francesi, parrebbe che i due nominativi Herbert & Wyl, fossero riconducibili allo stesso autore, che avesse usato anche gli pseudonimi di Michael Herbert e Joan Sun ( per pubblicare altri romanzi) e che fosse nato del 1898 e morto nel 1978; altre fonti parlano di due autori distinti.
Purtroppo da allora, il romanzo “La casa vietata” non è stato più pubblicato, né tantomeno qualcuno ha pensato a proporlo integralmente.
E questo è un peccato, perché ritengo sia un capolavoro sconosciuto (da noi, ovviamente). E devo dire che avendolo cercato da parecchio ma non avendolo mai trovato (è raro), sono riuscito finalmente a leggerlo solo perchè mi è stato dato da un amico: in questo caso me l’ha regalato per Natale. Regalo graditissimo.
Innanzitutto si segnala per una caratteristica tutta francese, l’atmosfera : un delitto impossibile avvenuto in un castello circondato da un parco.
Molti gli elementi caratteristici in quest’opera: il castello di Luckenbach, costruito dal banchiere Goldenberg, poi finito in galera per aver truffato molti risparmiatori; parecchi milioni di franchi spariti nel nulla (che si sospetta siano stati nascosti proprio nel castello); una serie di avvertimenti a tutti coloro che ne son diventati dopo proprietari, ad abbandonare il castello, pena la morte; la morte di uno dei castellani, Grodman, cosa che accade in un caso; l’acquisto della proprietà da parte di un salumaio, anzi il presidente di un consorzio di salumai, arricchitosi durante la prima guerra mondiale, con commesse all’esercito, Stamford; l’invio a Stamford di tre lettere minatorie, l’ultima delle quali gli annuncia la morte a mezzanotte del 28 ottobre.
Intorno alla vittima predestinata tutta una folla di personaggi, tutti suoi subalterni: il domestico Sting, il maggiordomo Merriam, l’autista Ettore Hunter, lo storpio Tonio, la ex nutrice di Stamford e moglie di Carlo, Teresa ; il custode della proprietà Bennard ; il segretario, marchese (decaduto) Laguyéres.
La notte del presunto assassinio, Stamford comanda a Tonio di attendere chi verrà da lui e condurlo alla casa; così avviene, ma appena entrato, l’ospite uccide in biblioteca Stamford e..sparisce nel nulla: infatti in casa c’è parecchia gente della servitù e tutti son d’accordo nell’affermare che l’assassino non è stato visto in cantina, al piano terra, né al primo piano e non è neanche uscito dalla porta principale; e non c’è nessun’altra uscita (tranne un passaggio segreto che poi viene trovato in cantina, ma che non era praticabile perché pieno di acqua e fango: appena viene aperto, l’acqua inonda colui che ha sfondato il battente; se quel pertugio fosse stato aperto prima, non vi sarebbe stato tutto quell’eccesso di acqua e fango e il pavimento della cantina avrebbe mostrato tracce, mentre invece è pulito). Insomma una sparizione in piena regola ed una Camera Chiusa magnifica.
A questo punto segnalo delle ulteriori cosette interessanti peculiari di questo libro.
Innanzitutto, atipicamente, i soggetti indagati per un omicidio in un castello non sono esponenti della società bene, ma tutti appartenenti alla servitù, e del resto il padrone di casa è un salumaio, molto ben caratterizzato (come tutti gli altri personaggi); vi sono soggetti inquirenti che giungono a conclusioni tutte differenti l’una dall’altra (il luogotenente, il giudice e il detective privato, l’ispettore di polizia, il procuratore) e in ciò, questo romanzo ha un punto di contatto con il capolavoro di Leo Bruce, Case for Three Detectives , “Un caso per tre detective” che è del 1936, quindi successivo: lì però colui che dà la quarta soluzione, quella vera, è un poliziotto, il Sergente Beef, mentre qui a rovesciare la situazione, facendo assolvere il maggiordomo che stava per essere condannato alla pena capitale, è un domestico, Gustavo Sting, che spiega l’arcano mistero, in maniera brillante; e lo fa, nel corso del processo, assurgendo a un ruolo che nel processo di marca anglosassone, non è mai proprio di un testimone della difesa, ma del soggetto principale delle parti (difesa e accusa). Tuttavia i due eroi, il domestico e il sergente di campagna sono soggetti “alla buona”, che sono contrapposti a detective molto più referenziati . Infatti in “Un caso per tre detective”, il buon sergente Beef, espressione del lavoro investigativo non sotto le luci dei riflettori, alla lunga, ridicolizza le tre soluzioni roboanti di Lord Simon Plimsoll, Monsieur Amer Picon e Monsignor Smith, caricature di Lord Peter Whimsey (D. Sayers), di Poirot (A.Christie), di Padre Brown (G.K.Chesterton). 
Invece ne “La casa vietata”, il Luogotenente Trench, il Giudice Gray, l’Ispettore Travis, il Sostituto Procuratore Generale, il grande detective privato Tom Morrow sono personaggi presuntuosi e meschini: il primo non è mai riuscito a risolvere un caso, pur credendo “di avere l’anima di uno Sherlock Holmes” e, pur di farlo, formula le sue accuse rivelatesi poi infondate sul Marchese; il secondo, giovane e attivo, ma con “uno spirito di contraddizione spinto agli estremi” non esita a ridicolizzare e screditare l’opera del primo, liberando il Marchese e accusando Carlo Merriam; il terzo, appunta i propri sospetti sullo storpio, Tonio; il quarto su Bennard, perché deve ergersi a risolutore del tutto, sprezzante nei confronti della tesi del poliziotto; il quinto, pur di intascare il premio promesso dai cugini del salumaio estromessi dal testamento (altri personaggi meschini e avidi, tratteggiati magnificamente nella loro inconsistenza sociale e pur capaci di far condannare un innocente per intascare l’eredità, e a litigare tra loro perché la cugina ancora più avida del fratello, non avrebbe voluto riconoscere nemmeno il dieci per cento al detective privato), non esita ad accusare il maggiordomo, alleandosi col giudice inetto, pur di farlo condannare a morte.
Questa caratterizzazione molto popolare è uno dei dati distintivi di quest’opera: è come se il romanzo fosse stato concepito in quanto rivalutazione del popolino, una sorta di rivincita dei soggetti di solito meno considerati nella Letteratura Gialla: prima di questo romanzo non si era mai visto che un domestico, che di solito ha nei romanzi gialli della Golden Age un ruolo marginale (tranne i maggiordomi e le governanti), potesse rivaleggiare a addirittura ridicolizzare le tesi di un tenente, di un ispettore di polizia, di un giudice, di un procuratore e di un famosissimo detective privato. Un ruolo di primo piano che rivaleggia e sovrasta alla grande persino il ruolo del sergente Beef. Insomma Herbert & Wyl sovvertono le regole abitudinarie del Romanzo Poliziesco e creano un piccolo gioiello.
Del resto la presenza di una folla di personaggi appartenenti al popolo e alla borghesia arricchita, cui appartiene anche un marchese decaduto, dimostra la mai sopita abitudine francese, figlia della rivoluzione del 1789, ad avversare l’avvento dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, che invece sono soggetti tipici dei romanzi di marca anglosassone (in America l’aristocrazia è sostituita dai grandi banchieri, dagli uomini d’affari, dalla borghesia imprenditoriale): non a caso il Marchese Guyeres è un poco di buono, insomma un farabutto che poi poco alla volta ha cominciato a vivere da uomo onesto, però vivendo una condizione di subalternità che cozza con le sue origini nobiliari. Così, in fondo in fondo, scorgiamo nel romanzo anche un motivo nascosto che è di ordine sociale.
E l’incongruità delle situazioni che rendono il delitto “impossibile” viene spiegata con grande sottigliezza, rivelando molti interessi diversi e tanti segreti inconfessati che una volta spiegati fanno assurgere Gustavo Sting a detective di primo piano: non a caso tre soggetti processuali, nell’aula del tribunale, il (cittadino) Presidente di Corte d’Appello, il (cittadino) Sostituto Procuratore Generale, il (cittadino) avvocato della difesa Parker, riconoscono la grandezza di un domestico(un altro cittadino di quella Repubblica Francese fondata sui valori eterni di Libertè, Egalitè, Fraternitè), molto più detective di razza di quanto loro stessi si siano dimostrati. Quello che stupisce è il ragionamento che sottende alla spiegazione, semplice ma incisivo : chi possa essere il misterioso visitatore e come sia potuto svanire. Devo riconoscere che mi ha stupito. Pensavo di aver letto tutte le maggiori Camere Chiuse ed invece mi accorgo che ce ne sono ancora molte che possono essere un diletto per l’intelletto.
Ah, i bei romanzi di una volta…

Pietro De Palma

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