giovedì 13 ottobre 2016

Stanislas-André Steeman : L’esperimento del dottor Arthus (L’Ennemi sans visage, 1934) – trad. : Guido Labronico – I Libri Gialli N.114, 15 maggio 1935 – Mondadori Editore – Pagg. 241

Tempo fa scrissi un articolo per il Blog Mondadori sugli automi nel romanzo poliziesco, e tra le varie fonti utilizzai anche questo romanzo di Steeman. Il perché è presto detto: protagonista indiscusso è un automa. Non però nell’accezione che si suole attribuire a questa parola, cioè di soggetto inanimato di natura meccanica, che viene mosso in virtù di qualche sapiente meccanismo; ma in quella di un soggetto umano, inanimato precedentemente cui vien data una certa ragione e una forza vitale.
Il perché mai Steeman avesse pensato a tale soluzione per un poliziesco non è dato di sapere. Ma non è neanche tanto strampalato ricordare come in quegli anni abbondassero stimoli sia letterari che cinematografici, concernenti l’animazione di soggetti inanimati, operazioni chirurgiche complesse, soggetti che forse avevano più a che fare con l’horror che con il giallo. Ma tant’è che anche Steeman volle dare il suo personalissimo contributo: e quale contributo!
Così all’automa di Metropolis di Fritz Lang animato a causa di uno scambio di energia vitale e trasferimento d’anima; al Golem, essere inanimato di fango, che diventa vivo a causa  di un segno che viene posto sulla sua fronte; all’intervento sui fratelli siamesi che Ellery Queen fa tentare al dottor Xavier; alla creatura che viene dotata nuovamente di forza vitale da parte del dottor Frankenstein di Mary Shelley, che nel 1931 ritornò ad essere popolarissimo in virtù di una fortunata riduzione cinematografica, diretta da James Whale, con Boris Karloff, ancor oggi ritenuta una delle pellicole più importanti del genere, anche Steeman volle dare il suo contributo.
Stanislas Ansré Steeman, quando scrisse, nel 1934, L’Ennemi sans visage (anche pubblicato come M. Wens et L’automate, nel 1943), tuttavia era già un nome nel panorama del Polar. Nato a Liegi nel 1908, e quindi belga, prima di dedicarsi alla letteratura poliziesca, si era dedicato essenzialmente ai fumetti, e all’attività giornalistica dal 1928 al 1933 per La Nation Belge. Fu proprio la sua attività giornalistica a favorire la sua inclinazione definitiva di scrittore di romanzi polizieschi: infatti, assieme ad un altro giornalista in forza alla medesima testata per cui lavorava, Herman Santini (pseudonimo Sintair), aveva scritto i suoi primi 5 romanzi, per poi pubblicare romanzi ognuno per proprio conto. Tuttavia, ancor mentre collaborava con l’amico, nel 1930 aveva cominciato a scrivere da solo, pubblicando tre romanzi : Péril, Le doigt volé ; e, raggiungendo la fama con  Six hommes morts, che aveva vinto il Grand Prix du Roman d’Aventures, nel 1931. Nel romanzo era stato introdotto il suo personaggio di maggior spessore, Vorobeitchik Venceslao, detto Monsieur Wens.
Steeman era conosciuto soprattutto per la sua fedeltà agli stilemi e alle regole del poliziesco. Infatti gran parte della sua prima produzione si attiene fedelmente ai canoni ortodossi. Ma la sua genialità non  poteva essere irreggimentata. E così i romanzi sono ognuno improntato ad un genere, tono e stile diverso: c’è il thriller, la parodia, il romanzo psicologico, il mystery.
La storia, a vederla bene, non è poi tanto interessante, se la si vede sotto l’occhio dell’originalità. Da questo punto di vista, qualcuno che conosco e l’ha definita un’opera modesta tutto sommato di Steeman, non avrebbe tutti i torti. Tuttavia, l’opera di Steeman è più propriamente una esperimentazione, una commistione di generi e come tale non vuol essere originale ; semmai vorrebbe essere rivoluzionaria, tentando una fusione di generi : il fantastico e il poliziesco.
In questo può esser visto come il primissimo tentativo, anche se non perfettamente riuscito : ci riuscirà invece con risultati immaginifici Carr con The Bourning Court. Ma Carr è Carr, e Steeman è Steeman. Senza nulla togliere all’estro del belga. Ma..Carr rivaluta il passato trasfondendolo nel presente, Steeman rivaluta il passato..e basta. In questo possiamo vedere la limitazione del tentativo.
Nella rivalutazione del passato, Steeman interseca la sua azione con quella di Mary Shelley, con quella di Gaston Leroux, ed anche con Fritz Lang.
Jund è un uomo che non s’aspetta più nulla da vita. E’ stato condannato a morte e aspetta l’alba fatale, in uno stato di terrore puro.
L’incipit del romanzo ci consegna l’immagine di quest’uomo, di questo criminale, che ha paura che qualcuno si affacci alla soglia della sua cella perchè questo potrebbe significare la sua morte.
“La porte de la cellule s’ouvrit en grinéant et un trait de lumiére courut obliquement sur le sol jusqu’au mur du fond.
- Jund! 
Le condamné à mort, émergeant du sommeil, poussa un sourd gémissement. 
- Jund! redit Clark, le gardien-chef de l’aile ouest, se penchant et le secouant par l’épaule. 
A l’instant l’homme, comme touché par une décharge électrique, se réfugia dans l’angle de la muraille, les traits convulsés par la terreur. 
- Qu’est-ce que … ? Quel jour sommes-nous ? questionna-t-il d’une voix rauque. 
- Jeudi. 
Jeudi ! répéta le condamné”.
In pochi righi, Steeman delinea la figura di un uomo condannato a morte, che non vuol morire: sottolineo la forza della frase che con la similitudine che contiene, ben rappresenta l’incisività psicologica di Steeman: “A l’instant l’homme, comme touché par une décharge électrique, se réfugia dans l’angle de la muraille, les traits convulsés par la terreur”. Non so perché, ma nella traduzione italiana, la frase è reinterpretata in maniera romanzesca, mentre se fosse stata tradotta letteralmente (come la traduco io) avrebbe mantenuto il suo vigore originario: “…come toccato da una scossa elettrica, si rifugiò in un’angolo delle mura, i tratti (del volto) sconvolti dal terrore”.
Martedì è il giorno dell’esecuzione, ma anche il giorno della salvezza per Clarence Jund. Ma a quale prezzo ? Per aver salva la vita, Jund dovrà accettare di sottoporsi ad un esperimento : la sua energia vitale, la sua mente, il suo cervello saranno reimpiantati in un automa. Un automa, non un collage di pezzi di cadaveri come nel Frankenstein della Shelley, ma anche qui l’elettricità ha una parte fondamentale ; e Fritz Lang, fa capolino, in maniera autoritaria. Il trasferimento di energia vitale, dell’anima, non avviene anche in Metropolis, il suo film fantascientifico del 1921? Per certi versi Metropolis ci pare molto più vicino al romanzo di Steeman, che non il Frankenstein di Whaley del 1931 !
Fatto sta, che il lettore per la prima volta forse nella letteratura del genere, prova pietà per un criminale come Jund, condannato ad una morte atroce : vivere ma come una larva può farlo, privato della sua energia vitale, delle sue passioni e paure, della sua mente.
Prima che però muoia, un’altro riferimento al passato farà capolino : Jund tenta la fuga, una fuga disperata, perchè a tenerlo d’occhio gli hanno messo vicino quel Ramshaw che lo arrestò e che ha l’ordine di ucciderlo nel caso tentasse di fuggire. E mentre lottano, irrompono in una stanza al buio. Che quando viene illuminata, si rivela piena di automi, tra cui il famoso Giocatore di Scacchi, di cui parla anche Edgar Allan Poe, l’automa di Maelzel.
Chi sono i personaggi principali di questo dramma ? Il professor Arthus (uno scienziato un po’ pazzo), i suoi due figli (Massimo e Tiburzio), Michele Patiny frequentatore della residenza di Arthus, Clarence Jund (il prigioniero), Ramshaw (il poliziotto), Monsieur Wens (l’investigatore privato). Perchè..dramma ? Perchè ben presto, gli eventi cominciano a tingersi di rosso.
La sera in cui Arthus deve effettuare l’esperimento di trasferimento del cervello, nel suo laboratorio avviene l’imponderabile : si sentono rumori di lotta, di mobili rotti e poi un colpo di pistola. La porta è chiusa dall’interno. Quando sfondano la porta, trovano il professore morto, assassinato con un colpo di pistola, e soli due corpi sui due tavoli operatori : Jund e l’automa, pronti per l’operazione. Anzi, a dire il vero, l’operazione doveva essere cominciata già, quando l’assassino ha ucciso lo scienziato, giacchè ha comincato ad incidere la cute del cranio di Jund (che è addormentato) e lo prova un catino pieno di sangue. Quindi nessuno dei due (l’automa inanimato e Jund) possono aver preso parte all’omicidio. Eppure..non trovano nessuno in quel laboratorio.
Anzi, quando ritornano nel laboratorio, l’automa non c’è più. In compenso, da quel momento si fa vivo più volte, in vari posti della casa, a dispetto di appostamenti. Utilizza ingressi segreti ?
Qui si trova un’altra presenza illuminata della letteraura francese nel romanzo di Steeman : Gaston Leroux. Non un suo romanzo con Rouletabille, ma quello universalmente noto, Le Fantôme de l’Opéra. Chi l’ha letto, saprà come il Fantasma riesca ad apparire e sparire all’interno del Teatro dell’Opera di Parigi. Bene: l’Uomo nero di Steeman, appare e scompare alla stessa maniera, e come il Fantasma, anche questo è mascherato.
Non vi dico ovviamente come andrà a finire, dopo un altro omicidio.
Ovviamente Monsieur Wens riuscirà con una magia a trarre in inganno l’assassino e a costringerlo ad uccidersi.
Non dirò altro. Chi avesse la fortuna di leggere questo Steeman d’annata, potrebbe così tentare di gustarselo (anche se la traduzione italiana dell’epoca tende troppo ad appesantire il romanzo, togliendo forza al thriller, con orpelli non del tutto giustificati).
Tuttavia, una considerazione voglio farla sulla Camera Chiusa, considerata da Lacourbe come una delle migliori 99 Camere in assoluto: secondo me, si tenta una fusione di due dei tre modi temporali di attuazione di una Camera secondo Carr: prima, durante e poi. In pratica, si tenta la fusione tra il prima e il durante.Come? Qui sta il punto.
Se la morte del professore fosse stata attuata precedentemente al frastuono proveniente dal di dentro della camera, si sarebbe dovuto per forza trovare qualcosa che potesse aver prodotto quelle rovine. Ma non si trova nulla, o nessuno, al di fuori di due corpi: uno in attesa di essere animato e dotato di un cervello umano, e l’altro in attesa di fornire il cervello, ma completamente sotto narcosi ed in un tale stato (accertato anche da Wens) di prostrazione, tale da essere vicino alla morte, che gli sarebbe stato impossibile uccidere il professore. E se la morte del professore fosse stata attuata dopo il frastuono, si dovrebbe prendere in esame la possibilità che lo stesso professore si sia suicidato. Ma allora perché fare tutto quel macello all’interno del suo laboratorio? E perché poi ? Proprio quando stava per portare a termine la sua impresa!
No. Il professore è stato ucciso. Ma da chi? L’automa, un essere nascosto?
Non dico altro. Solo che la soluzione per quanto semplice è al tempo stesso ipnotica.
Non lo so. Ma, secondo me, Edward D. Hoch potrebbe aver letto il romanzo di Steeman, prima di scrivere il suo The Frankenstein Factory (1975). Scrivevo sul Blog Mondadori:
“..anche Hoch avrebbe potuto conoscere Steeman : anche qui la creatura ha un corpo perfetto, anche qui scompare, anche qui gli è attribuita l’atmosfera di sangue, anche qui alla fine risulterà non c’entrarvi assolutamente nulla”.
Aggiungo ora, un’altra cosa a cui non avevo pensato, e che è sostanziale: in tutti e due i casi l’automa avrebbe dovuto avere la mente di un criminale. Che però non c’entra nulla.
Clarence Jund non vivrà da larva per il resto dei suoi giorni, ma ritornerà al carcere di Louisville, e qui sarà condotto alla sedia elettrica. Ma..morirà?
Steeman ci riserva negli ultimi righi, una promessa di salvezza. Da parte dell’unica persona che Jund non avrebbe mai pensato fosse il suo salvatore. Come dire che “la speranza è l’ultima a morire”.

Pietro De Palma

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