lunedì 14 novembre 2016

Pierre Boileau : La pietra che trema (La pierre qui tremble, 1934) – trad. Aldo Albani – I Grandi Gialli Pagotto, Anno II, N.8, del 29 agosto 1950

La Pierre qui tremble è il primo dei romanzi di Boileau. E lo si vede subito:  è un romanzo che narrativamente parlando è più vicino ai romanzi  anni venti che a quelli successivi.
Comincia con Andrè Brunel (il personaggio che animerà tutti o quasi i romanzi di Boileau) che qui appare per la prima volta, che nel treno che lo sta portando in villeggiatura, si accorge che un individuo sospetto sta aprendo uno dopo l’altro gli scompartimenti del vagone dove lui si trova per guardare dentro.  Lo osserva e lo sorveglia con discrezione ma abbastanza da vicino da sventare un’aggressione probabilmente mortale ai danni di una giovane fanciulla, Denise Servières. La giovane, appena ventenne, si sta recando in Bretagna dove dopo una settimana è previsto il suo matrimonio con il Signore Jacques de Kervarech, al suo castello chiamato “La Pietra che trema”, in virtù della pietra che costrituisce la chiave di volta dell’arco che introduce nel castello, che sembra cadere, trema, ma non cade.
Brunel capisce che l’aggressore proveniva da Brest, avendo raccolto il biglietto che gli era caduto nella colluttazione: cioè aveva organizzato le cose per partire da Rennes e ritornare a Brest dopo aver eventualmente ucciso la giovane. Si strugge perché è da dove lui è in villeggiatura, sul mare, che l’aggressore è partito per uccidere la giovane. Chissà se riuscirà nuovamente nel suo intento.. Per questo Brunel si ripromette al più presto, dopo essersi riposato qualche giorno, di raggiungere la giovane al castello. Cosa che fa invero, in tempo per sventare un altro tentativo di assassinio, questa volta perpetrato nel bosco che circonda il castello, sempre  ai danni della giovane donna.
A questo punto, promette a lei e al suo fidanzato di stabilirsi al castello finchè lei non sarà sposa di Jacques: conosce anche il dottor Nicol, il medico del conte, ed il Conte stesso di Kervarech, tutore di Jacques.
I misteri non cessano: mentre Denise, Jacques, il Conte e Brunel stanno nel salone dove Denise sta suonando il pianoforte, Brunel vedendo in direzione della porta, prima la luce attraverso la toppa della porta e poi il buio, capisce che qualcuno, al di là della porta socchiusa, ha spento la luce ed è lì in agguato: Capisce di dover agire. Da istruzioni agli altri là presenti e poi con un balzo apre la porta, in tempo per vedere un’ombra che fugge al primo piano del nuovo castello. Non avendo altra via di fuga, si rinchiude nel bagno. Il bagno ha due entrate: una nel corridoio e una nella camera di Jacques. Ma pur presidiando tutt’è e due le uscite, e stando il conte al di fuori armato (che ha sparato allorchè il fuggiasco si è affacciato alla finestra), l’intruso, dopo aver aperto i rubinetti della vasca, fugge. Da dove? Attraverso lo scolo dell’acqua? Fa tto sta che quando si irrompe nella stanza. Non si trova nessuno. E l’altra uscita è ancora chiusa all’interno. Il Conte è sempre lì nel giardino, ha sparato la prima volta e scruta le finestre, per cui quando gli dicono che il fuggiasco è svanito, non crede alle sue orecchie. Brunel non riesce a capire come sia potuto fuggire. Non è però la sola cosa che non riesce a capire.
Denise poi racconta a Brunel di come qualche notte prima, non trovando sonno e tornandole alla mente la brutta esperienza vissuta in treno, aveva voluto respirare un po’ l’aria della notte, e nel parco aveva trovato Jacques tutto vestito che si aggirava furtivo e che alle richieste di spiegazioni della giovane aveva risposto parlando un segreto minaccioso del quale non poteva rendere edotta la fidanzata.
Brunel vuole capire cosa ci facesse Jacques a quell’ora nel parco e pertanto decide di sorvegliarlo di notte, scoprendo che di notte si allontana in direzione della vecchia torre, l’unico resto dell’antico castello, che accompagna la nuova costruzione in cui la famiglia vive. Riuscitosi ad arrampicare, assiste ad una stranissima scena: nella torre Jacques si è incontrato col Conte e lì ripete una serie di frasi, assolutamente identiche a quelle che pronuncia il suo interlocutore:ò. Il tutto poi si risolve con una gran risata ed un brindisi finale.
Brunel è sempre più attonito: non capisce nulla di quello che gli accade intorno.
Le cose a questo punto si ingarbugliano: scompare un domestico, il cameriere personale di Jacques, Yvon. E’ Annette, la sua fidanzata, altra domestica , a dare l’allarme. Lo trovano riverso, in gravi condizioni, sulla scogliera, pugnalato. Yvon è in fin di vita, ma tuttavia fissa il castello e ad un certo punto la sua facci e si contrae per il terrore: ha visto Jacques affacciato alla finestra: teme che lui possa ucciderlo. Un lampo e Brunel, temendo il peggio, si lancia verso la casa: Jacques non è più lì. Non ci sono altre uscite se non quella attraverso cui Brunel sta salendo al primo piano: eppure di Jacques nessuna traccia.  Visto che nella sua stanza non c’è e la porta del bagno è bloccata questa volta dalla parte della stanza, decide di andare nel corridoio che porta all’altra porta del bagno, ma neanche qui c’è Jacques. Ritorna indietro non capendo da dove possa essere uscito. Trova poi giù, il povero Jacques col cranio spaccato da una bastonata ma ancora vivo. Tuttavia non capisce come possa essere arrivato lì, su lui era arrivato alla casa in men che non si dica  e certamente non aveva visto uscire il giovane, né tantomeno il suo aggressore da dove lui era  entrato.
Poi..l’affare della lettera.  E’ stata spedita una lettera che è arrivata, indirizzata a Brunel. Annette l’ha vista, il conte pure, ma..la lettera è scomparsa. Il misterioso aggressore fantasma se ne deve essere impossessato. Perché? Era importante? Tuttavia chi l’ha scritta, tale Marie Calvez, aveva avuto l’accortezza di inviarne un’altra, uguale alla prima, al dottor Nicol. Così i due vengono a sapere che quella donna forse è a conoscenza di qualcosa che possa spiegare il tutto. E’ colei che ha visto nascere Jacques. Promette di dire tutto. Ma prima che avvenga, qualcuno, sempre lui, il fantasma misterioso cerca di ucciderla. Non prima che però lei riveli qualcosa a Brunel. Ora Brunel è in grado di cominciare a ricostruire l’arcano, ma ancora una volta il nemico è in agguato nell’ombra: appena l’auto con  Brunel alla guida arriva al castello, “La pierre qui tremble” che ha resistito per centinaia d’anni alla gravità, scalzata dal criminale e posta in equiolibrio, appena il rombo della macchina è sotto di lei, cade pesantemente, appresso alle altre pietre del portale sulla macchina di Brunel, che per un miracolo resta solo ferito:.
Ci sarà ancora un tentativo di aggressione a Jacques ferito, prima che il colpevole non venga individuato e messo nella condizione di non poter nuocere:  tenterà l’impossibile, cadendo poi sulle rocce. Prima che egli cada sulla scogliera, se ne vede il viso sconvolto dalla furia: è Jacques. Jacques?
Brunel ricostruirà la storia di un terribile segreto, ed una infame macchinazione.
Romanzo pieno di tensione, a metà potrei dire tra un thriller, tanto l’angoscia pervade le pagine, ed un mystery, per gli interrogativi, veramente stuzzicanti che pone (una Camera Chiusa nel bagno ed una al contrario, quando Jacques scompare dalla casa per essere ritrovato poi ferito dabbasso alla casa per una bastonata al cranio: al contrario perché a determinare l’impossibilità non è una porta chiusa all’interno di una stanza ma una chiusa all’esterno della stanza, che quindi non può essere stata usata per entrare nel bagno ed uscire poi nel corridoio), è interessantissimo per la questione che pone, che poi è alla base della soluzione.
Comunque mi pare di poter tranquillamente affermare che qui, pur essendoci un tipico ambiente da Belle Epoque ( innamorati teneri, donne indifese, ingenue, incapaci di atti abominevoli, assassini sempre uomini, turpi e avidi ) e una trama che evidenzia tempi che furono e che mai più saranno e tematiche che oramai stanno scomparendo (onore, scandalo) e pur essendoci anche una scrittura che denota la datazione , per esempio  le frequenti invocazioni, che nella scrittura contemporanea sono del tutto o quasi scomparse, e i commenti coloriti:  Ah! Il Mostro! , oppure Tutto no! Una parte…Ah! È straordinario! Oppure ancora  Ah! Lo sporcaccione (non per atti libidinosi ma per aver ferito Brunel alla mano durante la colluttazione nel treno) o Ah! Non domandarmi il perché, è orribile!  O Ah! Capire, capire… o ancora Su! Rimettiamoci ora! Ormai tutto è finito! …Oh! È orribile!...Orribile? che cosa dirà allora quando saprà tutto?...Parli mio buon amico, parli. Io divento pazza!
Di queste espressioni invocative i dialoghi sono zeppi. Testimoniano che il romanzo è datato, che lo stile lo è ancor più (frequenti le sdolcinature, tipo due persone che si salutano amorevolmente e poi si abbracciano, o invece atti opposti, come se colei che sembra buona non potesse sentire sentimenti malevoli oppure che colui che è malvagio non potesse nutrire anche sentimenti buoni) e una certa semplicità psicologica applicata alle persone: le donne sempre indifese, gli uomini sempre spavaldi o truci. Quindi, in un ambiente siffatto, ha uno stridore notevole il fatto che il romanzo presenti rispetto ad altri dello stesso periodo, caratterizzati da misteri che attengono quasi esclusivamente alla natura materiale dell’impossibilità (sono quasi tutti howdunnit), una componente psicologica elevatissima: qui il doppio mistero della camera chiusa (notevole il rumore dei rubinetti aperti e l’assassino che svanisce, o una camera chiusa all’incontrario per effetto della porta del bagno nella camera di Jacques non chiusa dal di dentro, come nella camera chiusa precedentemente accennata, ma dal di fuori, che impedisce pensare che l’aggressore sia potuto entrare da lì) è spiegabile non con espedienti meccanicistici o empirici, ma ricorrendo alla natura psicologica delle persone: è proprio il dialogo incoerente tra il Conte e Jacques (che fa dubitare il lettore di ciò che stia leggendo), unito allo strano incontro notturno nel parco tra Denise e Jacques, e alla rivelazione di Marie Calvez, a risolvere tutto, anche le Camere Chiuse. Che non c’entrerebbero nulla con una storia fatta di onore macchiato, disonore, una ragazza madre, un figlio non riconosciuto, soldi a buttare, una eredità di cui si godeva e che poi è stata tolta e che si agogna anche ricorrendo all’omicidio. Ma che poi c’entrano eccome!
Tuttavia il nocciolo della soluzione è nella natura ambivalente di un personaggio come Jacques che è capace di tutto e del contrario, che si trova laddove non potrebbe essere e che non si trova laddove dovrebbe stare, e di un suo doppio. Perché il nocciolo è proprio questo:  due fratelli, di cui uno sa dell’altro, mentre l’altro no. Il famoso tema del doppio. Che qui è trattato devo dire in maniera superba.
Solo così qualcosa viene spiegata. Il resto no, perché solo leggendo il romanzo e la spiegazione si capisce tutto. E io non lo spiego altrimenti il lettore che ha la possibilità di comprare il romanzo su ebay, e gustarselo (perché io me lo sono gustato, come non mai) poi che lo compra a fare? La soluzione è una di quelle che ti appagano, non c’è che dire! Boileau ha questa particolarità: crea dei palazzi su basi che non sarebbero capaci di resistere ad una baracca, però crea delle fondamenta così forti, da sfidare la forza di gravità. Soprattutto perché crea attorno un sistema di indizi e di fatti che trovano perfettamente la loro spiegazione solo alla fine, quando viene spiegato il tutto. Prima non sarebbe stato possibile spiegarlo.
Mi piacerebbe pensare che Boileau abbia preso qualche cosa dai due magnifici cugini Queen, che abbia tratto ispirazione da The Siamese Twin Mystery,  che è del 1933 e quindi pubblicato un anno prima che lo venisse questo primo romanzo di Boileau, ma poi in realtà è altrettanto possibile che Boileau avesse tratto ispirazione da una narrativa tipicamente francese, precedente alla sua: come non pensare a due romanzi di Alexandre Dumas come  Le Vicomte de Bragelonne  o Les freres corses, in cui è presente il dilemma di due fratelli gemelli monozigote? O sempre di Alexandre Dumas, a Les deux étudiants de Bologne, un lungo racconto? Ma se pensiamo a Queen, indubbiamente il tema della sostituzione di un fratello con l’altro, cosa che non è presente in The Siamese Twin Mystery, lo ritroviamo, in una storia che risente in certo modo dell’impostazione di Boileau, in The Finishing Stroke di Ellery Queen, un vero capolavoro, poco letto e ricordato.
La bellissima la scena in cui il cattivo dei due sta per pugnalare l’altro, già precedentemente da lui colpito ma non ucciso, mi serve per ragionare anche su un altro aspetto del romanzo: come non pensare che l’eliminazione dell’altro, sia anche il riappropriarsi dell’unicità di una identità sdoppiata in due? Perché se uccidi quello, uccidi anche te, o meglio una parte che è in te. E diventi tutt’uno?
Del resto, a ben vedere, tutto avrebbe avuto un valore solo se nessuno si sarebbe accorto della sostituzione.  Così l’elemento che scardina tutto il piano dell’assassino e del suo complice (perché senza il complice, la sparizione nel bagno non si sarebbe potuta spiegare !) diventa la mancata sostituzione. E chi ha ancora una volta un’importanza notevole in un romanzo giallo francese? Un domestico! Come ne La maison interdite di Herbert & Wyl !  L’uccisione di Yvon, il servo fedele, ha una valenza fondamentale, più fondamentale di quello che sembri e che appaia: Yvon ha visto l’alter di Jacques, e per questo deve morire! Se non si fosse accorto che esisteva un doppio, il doppio malvagio si sarebbe sostituito al doppio buono, opportunamente eliminato precedentemente e fatto sparire, avrebbe sposato la fanciulla, si sarebbe impossessato dell’eredità e Brunel sarebbe rimasto a scervellarsi sull’impossibilità di una sparizione dal bagno. Vedete ora quale sia l’eredità del Visconte di Bragelonne su questo romanzo?
Invece, l’estremo anelito di vita di Yvon permette di concentrare l’attenzione su Jacques affacciato alla finestra e su un fantomatico piano per eliminarlo e solo per questo Brunel corre alla casa, non lo trova dove dovrebbe trovarlo – perché ci mette un tempo troppo esiguo per permettere qualsiasi altra cosa, cioè trascinare il corpo di Jacques per le stanze e per le scale, in un tempo ancor più esiguo perché lui non li noti – e poi lo trovi laddove non dovrebbe essere! Se Yvon non si fosse accorto del doppio, se il doppio non avesse dovuto ucciderlo, se Yvon non fosse sopravvissuto perché ci si fosse accorti della sua mancanza, se questi non avesse indicato la camera d Jacques e Jacques stesso, tutto sarebbe andato come nei paini dell’altro Jacques. Invece…
Il bene trionfa. Per una serie di fatti assolutamente casuali.
La grandezza di Boileau.

Pietro De Palma

3 commenti:

  1. MI scuso con i lettori. Per un errore di Google blogger, dovuto probabilmente alla cattiva connessione, aggiornando l'articolo appena postato, si è verificato un errore, per cui blogger aggiornava su una pagine vuota. Ho dovuto quindi eliminare quell'articolo e ripostarlo come se l'avessi fatto per la prima volta. Siccome il numero di visite del ripostamento è inferiore al primo, non vorrei che chi l'avesse importato, non l'avesse più. Prego quindi di riconnettersi al presente articolo.

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    1. Bentornato Piero, ti ho scritto un messaggio in privato su Anobii, lo hai visto?

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