giovedì 29 dicembre 2016

John Russell Fearn : La stanza degli orrori (Within That Room!, 1946) – trad. Massimiliana Brioschi – I delitti della Camera Chiusa n.1 – Garden Editoriale – 1992

Pubblicato nel 1946 con nome e cognome propri, Within That Room!, viene tutt’oggi, presso alcuni, definito più che un mystery, un romanzo dell’horror. Ma più che altro è un romanzo mystery con una forte e decisa connotazione di genere gotico.
John (Francis) Russell Fearn nacque nel 1908 a Worsley nel Lancashire (U.K.). Pubblicò moltissimi romanzi, soprattutto di ambito western e fantascientifico. In quest’ambito eccelse, conquistando masse di lettori, con lo pseudonimo di Vargo Statten. Con altri pseudonimi, firmò romanzi di genere diverso: Thornton Ayre, Polton Cross, Geoffrey Armstrong, John Cotton, Dennis Clive, Ephriam Winiki, Astron Del Martia, etc..
Fearn pubblicò anche 26 romanzi polizieschi sotto molteplici firme, di generi diversi: tra questi, parecchi contenevano Camere Chiuse.
Fearn morì nel 1960.
Within That Room! Parla in sostanza di una stanza che uccide. E’ il vecchio soggetto inventato da Eden Phillpotts con The Grey Room, e poi rinfrescato da altri autori, tra cui per esempio il John Dickson Carr, autore di The Door to Doom.
Qui c’è un’eroica infermiera dell’ Auxiliary Territorial Service (ATS) che, immediatamente dopo il secondo conflitto mondiale, eredita piuttosto inaspettatamente, da uno zio bislacco, famoso entomologo, una proprietà circondata da un’aura strana ed inquietante: Sunny Acres. Vera Grantham, non crede affatto alle vecchie storie di fantasmi che circondano il castello ereditato dallo zio Cirrus; eppure, si trova subito dinanzi all’ostilità della gente, quando si sa in giro che è lei la nuova proprietà del maniero: nessuno vuole accompagnarla, così la giovane, finisce con l’accettare l’offerta di un giovane che non conosce, un aviere della RAF, reduce di guerra quanto lei, Dick Wilmott, che sta tentando di aprire un negozio di riparazioni radio. Sulla scalacagnata auto di lui, raggiungono il maniero, abitato solo da due domestici, i coniugi Failworth, lui maggiordomo, lei cuoca e governante.
La giovane, appena arrivata, si aspetterebbe di trovare un’atsmosfera serena, ed invece da subito, comincia l’estenuante e pressante richiesta dei due domestici, a che la ragazza venda la proprietà, per evitare di avere problemi, così come ne aveva avuti lo zio della ragazza, Cirrus Merriforth, che era finito per avere seri problemi psichiatrici, indotti dal luogo e dall’atmosfera, e dalla presenza di fantasmi. Più però, i due domestici, ed in particolare la moglie, cercano di terrorizzare la giovane, più ottengono come risultato la sua apatia. Una sera la ragazza sorprende senza essere vista, i due servitori intenti in cantina a pompare un liquido misterioso da un tombino nel pavimento di pietra della cantina e a riapre ogni sorte di recipienti a loro disposizione: i due indossano delle maschere antigas, per proteggersi dalle venefiche e mefitiche esalazioni, che convincono immediatamente la ragazza che li sta spiando, a cercare un qualche aiuto. Così l’indomani mattina si reca a Godalming, un posto vicino dove sta il negozietto di Dick Wilmott e prega il giovane, che di lei è segretamente innamorato, di andare con lei al castello, spacciandosi per fidanzati. La signora Failworth non crede minimamente che i due lo siano, ma deve fare buon viso a cattivo gioco, capendo ben presto che il gioco del terrore e della vendita del castello non riesce nel modo auspicato: la giovane non vende, anzi, assieme al giovane, vuole visitare la stanza maledetta, quella che aveva portato alla pazzia lo zio, e in cui si dice si manifesti un fantasma, e il 21 giugno, anche uno spirito malvagio: fatta schiodare la porta, i cui stipiti sono inchiodati e le cui fessure sono tappate con nastro adesivo, i due vi entrano: è una stanza completamente vuota, piena all’inverosimile di polvere e dominata da un grande camino, il cui fondo è franato. Ben presto avvertono un’aria malsana e cominciano ad avere seri problemi di respirare, ed inoltre vedono materializzarsi un fantasma ghignante. Devono uscire dalla stanza, per ritornare a poter respirare e a poter soprattutto riflettere  mente fredda.
Sempre più convinti, dall’atteggiamento dei domestici che essi siano coinvolti ij una specie di macchinazione ai loro danni, vogliono andare in fondo e così, recandosi allo studio legale che ha curato il passaggio di proprietà dallo zio alla nipote, vengono a sapere che un tale chimico analista, Harry Castairs, ha offerto per rilevare il castello e la proprietà intorno, circa quindicimila sterline; collegando alla professione del compratore gli indizi concernenti il misterioso liquido pompato dal sottosuolo e il puzzo mefitico che accompagna l’estrazione, si convincono dell’esistenza di qualche fonte sotterranea, corroborata dalla scoperta in un libro della biblioteca del castello, di notizie riguardanti il castello, costruito pare su un’antica faglia vulcanica.
I due sospettano ora che quelle sensazioni di soffocamento e il puzzo di uova marce, sia dovuto ad anidride solforosa ed acido solfidrico, due sostanza presenti nei gas vulcanici, e che il gas venga fatto salire nella camera tramite il condotto della canna fumaria del camino: provano innanzitutto che l’atmosfera malsana nella camera non esiste quando i domestici sono impegnati in altra attività e non sospettano che i due giovani siano penetrati nella stanza. Tuttavia il fantasma si manifesta e allora per trovarne la spiegazione, prima i due addebitano la causa ad una misteriosa sostanza presente sul soffitto della stanza, poi aggrappandosi all’edera rampicante della torre, il giovane si issa fuori fino a vedere dall’esterno il vetro della finestra, e trovando disegnata una figura corrispondente a quella che si manifesta nella stanza cosiddetta maledetta. Nel volume trovato nella biblioteca del castello manca la piantina del maniero, strappata da qualcuno, così il giovane si da da fare fino trovare presso un conoscente, una copie del libro da cui accede alla pianta del castello e così capendo che alle cantine non si accede solo dalla scalinata principale , ma anche da una scaletta di servizio.
Accadrà ancora molto, e rivelazioni continue si accavalleranno fino alla fine drammatica, nella stanza delle torture del castello.
Romanzo con una grande atmosfera,e con un ritmo serrato, non mantiene sino alla fine le promesse, sgonfiandosi presto, e soprattutto dando le risposte troppo presto, cosicché l’attesa della rivelazione finale viene sostituita da quella concernente la vita dei due giovani. I colpevoli si sanno sin dall’inizio e comunque una qualche sorpresina riguarda solo il ruolo di uno dei due coniugi rispetto all’altro, e quello del chimico analista. Per di più, i due giovani non vincono con pieno merito la tenzone con i colpevoli e assassini dello zio, in quanto riescono ad avere la meglio solo perché uno dei due coniugi si ribella all’atro mentre Dick e Vera sono inermi, incatenati e sul punto di venire torturati con i tizzoni roventi.
Un finale liberatore, tuttavia dominato dalla vetustà dell’impianto, anche piuttosto elementare e puerile: fantasmi, cattivi domestici (ovviamente come nella tradizione del romanzo mystery super-antiquato), eredità contese, tesori, radici misteriose, veleni infernali. E tuttavia non appartenente ad un tempo lontano, e per questo scusabile, ma addirittura al 1946, come se gli anni trenta non fossero mai esistiti: Fearn realizza una ghost comedy, infilando il motivo della camera che uccide, ma troppo presto rivelandone i meccanismi mortali, e quindi togliendo mordente alla storia. Ed impostando il romanzo al modo delle storie di Nancy Drew, in cui le donne sono sempre esseri indifesi, i fidanzati sono cavalieri che accorrono in difesa della pulzella e se vi sono castelli, sicuramente i domestici devono essere persone infide.
E’ interessante leggerla solo per gli amanti delle Camere Chiuse, che ne vogliano aggiungere un’altra, all’elenco delle opere lette e conosciute. Rimandiamo il giudizio su Fearn ad altre opere.

Pietro De Palma

P.S.
Di Fearn, alias Vargo Statten, alias innumerevoli altri pseudonimi, mi aveva fato le lodi Igor Longo, dieci anni fa. Ma è anche vero che Igor, citandomi i suoi capolavori (tutti editi da Garden), non aveva fatto menzione di questo romanzo. Mi era rimasto il dubbio che lui non lo conoscesse (essendo una Camera Chiusa): ora invece so,che non me ne aveva parlato perché evidentemente non lo riteneva di valore pari agli altri citati.

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