mercoledì 4 gennaio 2017

Carter Dickson: Persone o cose ignote (Persons or Things Unknown, 1938) in Delitti di Natale, trad. Dario Pratesi, I Bassotti, Polillo, 2004



A 13 anni fa risale quella che io reputo una delle migliori raccolte di racconti in assoluto, proposte da Polillo: Delitti di Natale. Fu tale il successo di questa raccolta (7 edizioni) , che qualche anno dopo fu proposto un sequel dal titolo “Altri Delitti di Natale” che ebbe anche un discreto successo (3 edizioni).  E’ una riprova – se mai ce ne fosse bisogno – del fatto che  quando qualcuno ha le capacità e ha la voglia supportata dalla passione nel proporre qualcosa di valido, la fortuna e il supporto di chi riconosce le fatiche e anche gli investimenti, non mancano.
In questa raccolta furono raccolti molti celebri racconti: di questi, via analizzerò alcuni, sia in questo blog, sia nell’altro che ho aperto da poco.
In primis, parleremo di un racconto del meraviglioso John Dickson Carr, firmato con lo pseudonimo Carter Dickson: Persons or Things Unknown, 1938.
La genesi editoriale è piuttosto travagliata.  
La raccolta originale in cui è attualmente compreso The Department of Queer Complaints, originalmente comprendeva sette racconti:
The New Invisible Man
Footprint in the Sky
The Crime in Nobody's Room
Hot Money
Death in the Dressing Room
The Silver Curtain
Error at Daybreak
in quanto altri due racconti, che originalmente avrebbero dovuto farne parte, The Empty Flat e  William Wilson's Racket, furono espunti nell’edizione del 1941, riapparendo in un’altra collezione carriana The Man Who Explained Miracles del  1963. 
Oltre però ai sette racconti originali, della raccolta facevano parte anche quattro racconti di vario genere:
The Other Hangman
New Murders for Old
Persons or Things Unknown
Blind Man's Hood
Quando nel 1990 uscì ne Il Giallo Mondadori l’antologia “Dipartimento Casi Bizzarri”, si apprestarono per essa i nove racconti originali del Colonello March, riuniti nell’occasione, che avevano dato il nome alla raccolta originale; tuttavia da essa furono espunti invece i quattro racconti di genere diverso, forse  per caratterizzare il volumetto con una serie ben precisa. Tuttavia, quando si procedette nel 2001 a realizzare il Supergiallo La porta sul delitto, unificando in esso sia la collezione nota sotto il nome “La porta sull’abisso” (The Door to Doom) pubblicata nel 1986 nella serie Altri misteri e andata esaurita (e ricercata dai collezionisti), sia quella Department of Queer Complaints, in quell’occasione si sarebbero dovuti recuperare i quattro racconti prima eliminati, ma invece essi restarono fuori dall’edizione. 
Conclusione ? 
I quattro racconti, chi voglia leggerli, è costretto a trovarli in quattro edizioni diverse:
Il cappuccio del cieco, traduzione Paola Campioli, Delitti di Natale (brossura), Ed. Riuniti, 1995

Persone o Cose Sconosciute, traduzione Dario Pratesi, Delitti di Natale (brossura), I Bassotti, Polillo, 2004

L'altro giustiziere, traduzione Marcella Dalla Torre, Ellery Queen Inverno Giallo, Mondadori, 1975 o I pericolosi anni trenta, Supergiallo Mondadori, 1997

L'orrore dei Marvell, traduzione Roberto Sonaglia , in: Ellery Qeen Estate Gialla , 1985
Il racconto che esaminiamo oggi fa parte quindi dei quattro racconti eliminati. Perché nel 2001 sia accaduto non lo so: ritengo che non si volesse spendere altri soldi commissionando la traduzione dei quattro racconti restanti,  avendo già le due raccolte approntate (chi mai in Italia sarebbe andato a controllare se nell’uovo ci fosse il pelo?).
E’ un racconto ambientato nel passato, senza personaggio fisso, del filone che attinge ad un falso soprannaturale (ricordiamoci che poi esistono romanzi e racconti di Carr che invece insistono nell’altro filone, quello del soprannaturale: benchè siano sempre gialli, sconfinano nel Fantastico): sono racconti in cui vi sono maledizioni, fantasmi, demoni e quant’altro e che invece poi si risolvono in storie spiegabili razionalmente. Nel nostro caso vi è una entità maligna.
Una grande casa, nei pressi di un bosco, nel Sussex, viene venduta e il nuovo padrone di casa con un amico storico, ed un altro vicecomandante di polizia metropolitana, vi si riuniscono con le rispettive mogli per Natale. In occasione della sera di Natale, il padrone di casa racconta una storia accaduta in quella casa, per cui – secondo alcune testimonianze e cronache risalenti al 1660 –una entità maligna avrebbe ucciso un uomo con tredici pugnalate senza che aggressore né tantomeno l’arma venissero trovati.
In sostanza, tre secoli prima, all’epoca della restaurazione, lo squirt del villaggio aveva promesso la propria figlia, Mary, ad un possidente, divenuto ricco in seguito ad acquisizioni durante l’era di Cromwell, tale Richard Oakley. Quando già i due  stavano per approntare seriamente le cose per sposarsi, era apparso nel villaggio un damerino, Gerard Vanning, ricco e con tanto di futuro titolo, che, avendo messo i propri beni al servizio della Corona affinchè ritornasse al potere, ora che v’era ritornata, aspettava di ottenere i privilegi che gli sarebbero stati dovuti. Pur essendo antipatico a parecchi e persino allo squirt e a sua moglie, figurarsi alla figlia, man mano aveva conquistato terreno nei confronti della ragazza, mentre l’altro stava perdendolo: sentiva il disagio per un divario di classe sociale, cultura e..anche ricchezza. Oakley infatti none era più sicuro, ora che era ritornato al potere il re (Carlo II), di mantenere le sue terre, per cui si sarebbe impoverito.
Accadde però un giorno un fatto che avrebbe scombussolato di nuovo le carte in tavola: Oakley in seguito ad una pronuncia dello stato tendente a legalizzare tutto quanto successo fino a quel momento, mantenne le sue proprietà, ridiventando un partito appetibile per la figlia dello Squirt. Così accade che una sera, dopo la cena, mentre lo Squirt e sua moglie si erano appisolati, e Oakley e la fidanzata erano su, nell’ultima stanza in cima alle scale, La Stanzetta delle signore, dove esse si spogliavano, arredata con una credenza, che esponeva una brocca dell’acqua, pochi piatti, un tavolo e poche sedie, arrivasse Vanning, tutto spaventato, il quale ordinò ai servi di armarsi di bastone e seguirlo per le scale: era lì perché intendeva supplicare Oakley, che aveva maturato una fama anche sinistra, per certe sue passeggiate nel bosco di notte, di togliergli la fattura e comandare ad una entità maligna che si era annidata nel suo armadio, di andare via.
Allorquando era salito in camera dove erano i due, improvvisamente la porta si era chiusa, la luce si era spenta, si erano sentiti i rumori di una colluttazione, i rantoli, l’odore del sangue, le urla della ragazza e poii quando finalmente gli occupanti della casa, servitori in testa, avevano sfondato la porta della camera, si erano ritrovati dinanzi ad uno spettacolo agghiacciante: Vanning era appoggiato alla parete, seduto sul pavimento con una espressione terrorizzata, la ragazza aveva segni di sangue sulla gonna, e infine Oakley giaceva per terra in un mare di sangue. Agli occupanti della casa lì per lì era venuto in mente che unico responsabile fosse stato Vanning e lo avrebbero trafitto se qualcuno non avesse rimesso tutto al coroner, non essendosi trovata l’arma del delitto: se fosse stato Vanning, giacchè era stato trovato dentro, ma anche l’arma vi si sarebbe dovuta trovare. E invece nulla.
Con la ragazza svenuta tra le braccia, nonostante gli altri avessero pensato ad altro rimedio, Vanning la portò dabbasso e la rianimò dopo averle versato tra le labbra qualche goccia di brandy.
Per di più, avendo sprangato la porta e non volendo alcuno dei presenti ritornare in quella stanza, si era offerto Vanning, uscendo però da essa correndo via con lo sguardo terrorizzato però. E quindi le ipotesi contro Vanning erano cadute. Per di più la fama sinistra di Oakley, quella figura che alcuni giuravano di aver attraversato il villaggio, avevano addossato al povero Oakley la fama di stregone. Ben presto venne dimenticato e qualche tempo Vanning e Mary si sposarono. Col tempo nessuno avrebbe potuto mettere in forse la bontà di quel matrimonio, perché i due andavano d’accordo e Vanning stesso era diventato baronetto e ricco.
Tuttavia una sera, dopo che si era sbronzato, molti anni dopo il primo assassinio, anch’egli fu ucciso, in sostanza sfasciando una finestra con la sua testa, e facendo così che morisse dissanguato, sgozzato.
Alla fine della storia, sia il poliziotto che il padrone di casa, concordano nella stessa soluzione che spiega quanto accaduto tre secoli prima: chi avesse ucciso Oakley, chi Vanning, e quale arma invisibile sarebbe stata utilizzata nel primo delitto tanto da non essere rinvenuta, pur dovendo essere un lungo coltello con una lama larga due dita e mezzo.
Dico subito che ci troviamo dinanzi ad un altro straordinario racconto di Carr: non è  innanzitutto un whodunnit, ma un howdunnit. Non è whodunnit perché è chiaro chi possa essere stato ad uccidere e perché, in entrambe le occasioni (e una entità maligna è da escludere, nonostante le conclusioni del coroner in occasione della morte di Oakley avessero seguito questa falsa pista). In questo il racconto in questione è molto simile nella struttura, howdunnit e non whodunnit – poche persone sospettabili e quindi in sostanza sicurezza di chi possa essere stato – ad altro racconto, sempre a firma Carter Dickson, La casa in Goblin Wood (1947).  Come in quel caso sussiste però una impossibilità manifesta che tinge la vicenda di un velo soprannaturale: in Goblin Wood era stata la sparizione della vittima, nel nostro caso è la sparizione dell’arma. Ci sono però delle differenze: lì la vicenda presenta una altalenanza di situazioni prima comiche poi altamente drammatiche, qui una conduzione che è dall’inizio alla fine avvolta da una cappa di terrore puro, che si stempera, come nella catarsi alla fine della tragedia, nel finale rivelatore. E’ una maniera di trattare il racconto che Carr conduce in parecchi esempi della sua produzione: lo troviamo tanto per dirne una anche in Hag’s Nook(1933:  un fatto attinente al passato, che attiene a qualcosa di oscuro, viene raccontato nel presente:  qualcosa che ad esso è legato, accadrà ancora.
Per quanto attiene alla soluzione, che è sensazionale, devo purtuttavia ricordare che una tale soluzione  fu usata e adattata a seconda dei luoghi e delle occasioni: infatti, la stessa soluzione, pur presentando differenze minime, viene utilizzata con effetti veramente sorprendenti, anche in un radiodramma successivo, del 1944, The Dragon in the Pool, contenuto nella raccolta THE DEAD SLEEP LIGHTLY (1983), laddove l’arma usata è verosimilmente un pugnale, solo che di pugnali non ve n’è neanch l’ombra.
Non dico qui quale sia l’arma e dove  si sarebbe trovata se si fosse fatto un certo ragionamento(tenuto conto che si setacciò la stanza senza trovare nulla, e che alle due persone al di dentro della stanza, Mary e Vanning, non era  stato trovato addosso alcunchè di compromettente).  Dico solo che anche Carr risponde pienamente a quel detto secondo cui, se vuoi nascondere qualcosa così bene da non farla ritrovare devi saperla nascondere mettendola sotto lo sguardo di chiunque. E gioca sempre ad armi pari col lettore fornendo infatti tutti gli indizi: tra gli altri dice con nonchalance una cosa, che il lettore esamina non nel suo giusto valore, proprio perché Carr abilmente lo dissimula, quando afferma cosa accadde a Mary, la promessa sposa , dopo la morte di Oakley. Se si esaminasse con occhio attento quella sezione, ma la si dovrebbe esaminare almeno con l’occhio di Carr, si troverebbe l’indizio centrale.
Ovviamente il lettore medio non è Carr. E quindi quando viene risolta la questione, ognuno di noi si batte la fronte con la mano e dice: Come ho fatto a non pensarci anch’io?
Perché noi non siamo John Dickson Carr, Il Magnifico. 

Pietro De Palma

Nessun commento:

Posta un commento