venerdì 31 marzo 2017

Mignon Eberhart : La trappola (The Mystery of Hunting’s End, 1930) – trad. Alfredo Pitta – I Classici del Giallo Mondadori N.1346 del 9 maggio 2014





Il romanzo della Eberhart è uno dei meno conosciuti, se si può dire sia conosciuta lei stessa, scrittrice molto ripubblicata una trentina di anni fa, ma oramai quasi del tutto dimenticata.
La traduzione è quella storica di tanti romanzi americani del periodo, affidata ad Alfredo Pitta.
Famoso come gran sforbiciatore (tagliava alquanto i romanzi), Pitta era però un eccellente traduttore oltre che anche un discreto scrittore (si provò anche lui come i vari Ciabattini, Vailati, Spagnol, De Angelis, d’Errico a rinverdire i fasti del Giallo made in Italy, che un decreto fascista stabiliva che dovesse essere attuato in un periodo in cui il Giallo all’inglese e alla francese, la facevano da padroni. Come traduttore,  i tagli che effettuava erano intelligenti; e così ancor oggi, i romanzi da lui tradotti, possono essere tranquillamente letti (magari rinfrescati, come è stato fatto probabilmente per quello in edicola).
Il romanzo The Mystery of Hunting’s End di Mignon Eberhart, il terzo da lei scritto, dopo La stanza N.18 (Patient in Room 18, 1929) e L’elefante di giada ( While the Patient Slept,1930), fu pubblicato con il titolo “La Trappola”, che può essere compreso solo dopo aver letto il romanzo.
Mignon Eberhart, fu una scrittrice statunitense popolarissima. Inventò il personaggio femminile dell’infermiera Sarah Keate, e lo inserì in un filone suo , contraddistinto da trame in cui c’era di solito una donna in pericolo, e in cui l’elemento misterioso si allaccia a quello romantico sentimentale, un po’ come i gialli rosa della serie Nancy Drew, “per signorine”, che sfornava Carolyn Keene (pseudonimo sotto cui si celavano parecchi autori dello Stratemeyer Syndicate, gruppo diretto da Edward Stratemayer, di cui la più famosa fu Mildred Augustine Wirt Benson che scrisse parecchi dei primi gialli della serie). A differenza di questi romanzi, che sono dominati dalla suspence, perché diretti più che altro ad un pubblico di ragazzi,  e che attengono a vicende in cui si muovono truffatori e ladri ma non assassini, e in cui quindi l’elemento violento è molto annacquato, quelli di Mignon Eberhart, che cominciò a scrivere nell’alveo dei romanzi di Mary Roberts Rinehart, contraddistinti da forti atmosfere e da un thriller spasmodico, contengono eccome omicidi! Anche se la vicenda è spesso intrecciata a ceneri romantiche.
Qui l’infermiera Sarah Keate, chiamata in causa dal detective Lance O’ Leary, suo amico, è coinvolta in una vicenda in cui domina la suspence ma anche il mistero.
Mary Kingery, figlia del finanziere Hubert Kingery, a distanza di cinque anni dalla morte del padre, avvenuta in circostanze non perfettamente chiarite, decide di voler sapere tutta la verità e per questo, riunisce nella residenza del padre, vicino Barrington, tutte le persone che erano presenti alla morte di suo padre, che accettano anche per non dire no, e quindi per allontanare  il sospetto che vi possano essere state coivolte: Julian Barre, Jasper Fraley, Nicholas Morse, Charles Killian, sono tutti amici e soci, e comunque personaggi connessi alla finanziaria fondata da Hubert Kingery; Jose Paggi è un tenore e sua moglie è Helen Paggi; Blanche Von Turcum è una baronessa; Lucy Kingery, è sorella di Hubert e zia di Mary; Brunker, è il domestico e Anne, la cuoca. Tutti erano presenti cinque anni prima. Gli ultimi due continuano a servire in casa, e come gli altri, avrebbero avuto validi motivi di risentimento, e quindi un valido movente per desiderare la morte di Hubert.
Apparentemente, Hubert è morto per attacco cardiaco, ma qualcosa non è chiaro e la stessa Mary non è persuasa che il padre sia morto in quel modo: fu trovato in pigiama, per terra, senza pantofole, con il letto approntato per dormirvi e sul comodino il lume acceso. Dentro una stanza chiusa dal di dentro. Questa circostanza autorizzò a pensare che la morte fosse avvenuta per cause naturali; in realtà, vi fu opera di dissimulazione e di corruzione nei confronti del medico che firmò l’atto di morte, perché egli tacesse sulla vera causa, cosa che viene rivelata da Lucy in secondo tempo: era morto per un colpo di pistola a bruciapelo che l’aveva colto in pieno petto. Ella, che “apparentemente” è stata colta da paralisi all’atto della morte del fratello, per il troppo bene che gli voleva, in realtà pare che l’avesse avversato in tutte le forme, per i giochi finanziari di quello troppo spregiudicati, volti ad arricchirsi a danno delle persone che lo circondavano, infischiandosene dei loro risparmi persi: tutti o quasi coloro che la nipote vuole che trascorrano quei giorni a La Vedetta, il luogo solitario da loro scelto, in mezzo alla sabbia.
Il fatto è che Mary vorrebbe anche evitare di sposare uno che potrebbe avere assassinato il padre: tra i suoi invitati c’è anche il suo promesso sposo.
Assegna le camere al piano terra, in un padiglione. Pochissimi vanno a dormire al primo piano, in cui la balconata si affaccia direttamente di fronte alla stanza in cui morì Hubert: ora quella stanza, finisce per dover andare ad uno tra Julian Barre, Jasper Frale e Charles Killian, cioè al secondo. Che poi è il fidanzato di Mary. Di notte, mentre Josè Paggi e l’infermiera detective Keate stanno parlando davanti al camino, e si trovano casualmente di fronte alla porta della stanza di Fraley, sentono prima un fruscio, come se qualcuno passasse in punta di piedi sopra di loro, nella balconata, poi sentono una detonazione che proviene dalla stanza. Vi trovano Jasper morto, colpito da una pallottola al cuore, mentre indossa un pigiama, i piedi scalzi ed il letto acconciato per la notte. La porta è aperta, ma loro che vi stavano davanti, anche se non frontalmente ma in posizione defilata, giurano e spergiurano che nessuno vi è uscito, per di più le finestre sono chiuse e la porta che mette in comunicazione la stanza con quella di Barre è chiusa da una sbarra. E non si è trattato di suicidio, perché si dovrebbe trovare l’arma e questa non c’è. Quindi…
Ma l’assassino/a cos’è ? Un fantasma?
Alcuni degli invitati sono impressionabili, perché il vecchio cane di Hubert, Gerico, guaisce tutte le volte che passa davanti alla porta dell’ex padrone e si comporta quasi che vi fosse una presenza soprannaturale tra loro.
La ricerca dell’assassino è quantomai ardua. Eppure è lì, tra di loro: non può essere scappato, perché fuori nevica, nevica, nevica incessantemente: la villa dove tutti sono riuniti, “La Vedetta”, è completamente isolata. Ma se l’assassino non può fuggire, non possono farlo anche gli altri, casomai lui volesse ammazzarne qualche altro. Già, perché Jasper prima di essere ucciso, durante la cena, aveva fatto cenno a certe carte che lui si era premunito di nascondere, che erano come un lasciapassare, e che contenevano le prove dell’attività fraudolenta della finanziaria di Kingery. Proprio per questo, Hubert aveva costretto la figlia a fidanzarsi con Jasper: era il prezzo del ricatto. Ora tutti cercano queste carte.
Prima scompare un foglio trovato da Keate nella stanza del morto, contenente una sequenza di numeri e indirizzato a Morse; poi scompare il parrucchino del morto, che poi ricompare (lo trova Sarah) per poi scomparire di nuovo e di nuovo ricomparire; poi scompare addirittura il morto, mentre c’è chi giura, la baronessa, che in quella stanza non era entrato nessuno.
Reticenze, mezze verità, bugie, tutto concorre per inficiare l’indagine della coppia Keate-Leary. Anche la volontà di alcuni degli invitati, prima che il cadavere scomparisse, di farlo scomparire, perché se il cadavere non c’è e quindi non c’è la prova di un reato, non ci può neanche essere (in teoria) un’indagine.
La situazione dei presenti diventa assurda, le cibarie cominciano a scarseggiare, perché la loro tenuta è completamente isolata nella tormenta di neve. E intanto l’assassino colpisce.
Prima cerca di avvelenare con la stricnina il cane. Poi, quando la neve finisce di cadere, e Morse vorrebbe andare via per cercare soccorsi, cerca di ammazzare O’ Leary, colpendolo alla testa con un attizzatoio, di notte, mentre è sprofondato in una delle poltrone della sala. Infine ammazza Morse, infilandogli un ferro da calza, che l’infermiera aveva perso, nel cuore. E ne nasconde il cadavere.
Sarà Leary a spiegare all’impaurita Keate, come Hubert e Jasper sono stati ammazzati e a indurre l’assassino a scoprirsi.
Con questo romanzo, Mignon Eberhart vinse nel 1931 lo Scotland Yard Prize. Perché?
Indubbiamente ci troviamo dinanzi ad un buon romanzo che ha delle caratteristiche ben specifiche (anche se le descrizioni che probabilmente sono state assottigliate nella traduzione italiana, probabilmente  avrebbero contribuito a meglio inquadrarle): una atmosfera opprimente e claustrofobica, che è un po’ la caratteristica di tutti quei romanzi in cui la casa è nel mezzo di qualcosa da cui i suoi occupanti non possono fuggire: un ciclone (La casa nel ciclone, di Newton Gayle), il mare (Dieci piccoli indiani, di Agatha Christie), porte elettrificate (L’Ospite invisibile, di Bristow & Manning), un incendio nel bosco (Il Caso dei gemelli Siamesi, di Ellery Queen); la presenza di condizioni climatiche e atmosferiche estreme (è qualcosa che appare anche in altri romanzi della Eberhart); una donna in pericolo (qui c’è l’infermiera, ma anche Mary Kingery); una storia d’amore (quella tra Killian e Mary); una indagine che si muove più per eventi isolati che invece per una concatenazione di tessere messe a posto; una storia più che poliziesca, romanzesca, ma neanche tanto; e soprattutto una soluzione che pur riuscendo convincente, lascia il passo a dei bug qua e là. Tuttavia, proprio per la stranezza dell’indagine, che si discosta parecchio da quella più classica, tipica del Mystery, la Eberhart che a torto o a ragione (da questo primo romanzo, direi più, “a torto”) venne definita la Agatha Christie d’America, si apparenta più al genere Suspence o Thriller, visto che la soluzione non arriva come la logica conclusione di un certo discorso, ma come il tentativo riuscito, da parte del Detective, che sospetta ma non ha le prove (dice lui), di costringere colui che pensa sia l’assassino a scoprirsi,  costringendolo assieme ad altre persone che fanno da specchietto per le allodole, a evitare di essere sparato dal congegno che lui stesso ha approntato in precedenza. In sostanza il lettore aspetta solo di vedere se l’assassino si scoprirà o meno, perché lui non ha capito chi possa proprio essere (io l’avevo capito ma per altro ragionamento, che non rivelo, e che è insito nell’assegnazione delle Camere: come mai proprio Jasper muore? E questo non perché sia tonto, ma perché l’autrice non fornisce gli indizi in maniera chiara (salvo poi spiegarne il significato dopo: “Recondite Armonie”!) perché possa capirlo. Ecco perché il finale! Ecco perché cerca di indurre in trappola l’assassino, dopo che la trappola per tanti giorni era stata la stessa casa in cui erano stati costretti a vivere!
Nonostante ciò il romanzo fila che è un piacere. Merito della Eberhart che confeziona tutto sommato un bel romanzo e merito anche di Pitta che sforbicia è vero, ma con raziocinio.
E’ evidente che LA TRAPPOLA è una classica Camera chiusa, pur non sembrando tale a prima vista: riassume il caso presente in It Walks By Night di Carr (La porta non era chiusa ma era tenuta sott’occhio da persone fidate), e quello dei romanzi in cui l’assassino anche se materialmente può sembrare che fosse presente, non lo era (in sostanza si ripresenta il caso descritto in The Greene Murder Case di Van Dine, in cui una pistola è azionata con un congegno apposta predisposto); e ovviamente, come abbiamo detto prima, potrebbe dirsi una Camera Chiusa allargata, essendo la casa stessa una grande Camera chiusa, dalla quale, per la tormenta di neve in atto, l’assassino non può essere fuggito.
Il fatto che alcuni critici importanti stranieri non abbiano espresso calorosi apprezzamenti nei riguardi di questo romanzo, è da mettere in relazione probabilmente alla natura della Camera Chiusa. Ne parla Carr nella sua Locked Room-Lecture in The Hollow Man:
Primo! C’è il delitto commesso in una stanza ermeticamente sigillata che è realmente sigillata ermeticamente e dalla quale nessun assassino è mai uscito perché nella stanza non c’era nessuno” ( http://blog.librimondadori.it/blogs/ilgiallomondadori/2011/07/29/dissertando-di-camere-chiusejohn-dickson-carr-vs-clayton-rawson/ ).
E’ evidente che non può essere accaduto che  l’assassino abbia inscenato una qualche pantomima allo scopo di distrarre lo spettatore, entrare ed uccidere il malcapitato facendo credere che fosse già morto (come in The wrong shape di Chesterton), perché in questo secondo caso, ci sarebbe il concorso del colpevole e quindi un’azione spettacolare volta ad inscenare qualcosa; e quindi non si spiegherebbe lo scarso credito della critica specializzata. E’ evidente quindi che ricadiamo in altra casistica.
Leggendo anche voi il romanzo, capirete a quale dei tipi di Camera Chiusa di cui parla il Dottor Fell, possa ascriversi questa. Direi che in un certo senso, possa essere accostata ad un’opera di Carr scritta con il suo pseudonimo, Carter Dickson, a quattro mani assieme al suo amico John Rhode, Fatal Descent :
chi ha letto il romanzo potrà forse immaginare a cosa io voglia alludere; chi non l’abbia letto (un capolavoro) non dovrà fare altro che acquistarlo.

Pietro De Palma

martedì 21 marzo 2017

John Dickson Carr : Il segreto di Vicky Adams- trad. Tina Honsel – Estate Gialla 1979, Mondadori,pagg.191-210






Usualmente, quando uno pensa a opere di John Dickson Carr in cui vi è anche il risvolto sovrannaturale, il riferimento è d’obbligo: The Burning Court (La Corte delle Streghe). Indubbiamente.Tuttavia pochi sanno, che questa, seppure la più lunga, non è l’unica opera di Carr in cui vi sia un qualche sconfinamento nella letteratura fantastica. Da questo punto di vista, Todorov, quando faceva riferimento al romanzo di Carr come uno dei capisaldi del Romanzo Poliziesco e nello stesso tempo esempio di sconfinamento nella Letteratura Fantastica, unico, assieme ad uno di Agatha Christie, altrettanto indubbiamente non diceva una cosa esatta. Il fatto è che, probabilmente, Todorov aveva sentito parlare solo di quel romanzo di Carr e non conosceva bene la mole dei racconti, che invece riservano sempre notevoli sorprese.
Ad es. quella del racconto di cui parliamo oggi, un altro dei capisaldi della produzione breve del Maestro, non però incentrata sulle gesta deduttive di Gideon Fell, quando dell’altro grande personaggio, Henry Merrivale.
Il segreto di Vicky Adams è in realtà conosciuto in Italia sotto altro titolo: La casa di Goblin Wood . Si tratta dello stesso racconto, ripubblicato però successivamente nell’Omnibus La nobile arte del delitto .Quattro casi per Sir Henry Merrivale, sempre nella traduzione di Tina Honsel ). Si tratta di uno dei più celebri casi di Camera Chiusa in assoluto di Sir Henry Merrivale, pervaso da un’atmosfera sinistra e da un’esplosione di malvagità allo stato puro.
Il racconto, per strano che possa essere è uno dei soli due racconti che Carr scrisse con il personaggio di Sir Henry Merrivale (l’altro è All in A Maze cioè The Man Who Explained Miracles). Del perchè Carr avesse pubblicato parecchi racconti con Gideon fell e solo due con Merrivale, non è dato sapere. Tuttavia i due racconti sono tra i suoi migliori. E tra i due, quello che trattiamo oggi, è, a detta di molti, il suo capolavoro assoluto.
Un’ auto è parcheggiata fuori il Senior Conservative’s Club. Dentro vi sono due persone: stanno aspettando che esca, in un pomeriggio afoso d’estate, Il Grande Vecchio, Sir Henry Merrivale.
Ecco che esce: indossa un completo di lino bianco, da cui esce un’enorme pancia, un grande panama fà ombra su un viso con un naso carnoso su cui sono appollaiate delle lenti cerchiate di tartaruga. Mentre sta scendendo le scale, dei due passeggeri dell’auto, una donna lo saluta: è la figlia di un suo conoscente. Sir Henry scende le scale, dirigendosi verso di loro, ma non si avvede di.. una buccia di banana. Cosa ci sta a fare lì ? L’hanno messa dei monellacci, in attesa di vedere qualcuno fare un capitombolo. Vuoi vedere che Il Grande Vecchio, risolutore di tanti enigmi, cadrà a gambe all’aria? Beh, è quello che accade. Per di più viene beccato proprio dai due tipi che lo stavano aspettando, mentre si massaggia il didietro. Al di là dell’imbarazzo, fatte le presentazioni, viene a sapere che i due sono Eve Drayton e il suo fidanzato, tale William Sage detto Bill. La ragazza dice di essere la cugina di tale Vicky Adams.
Sir Henry si ricorda di costei: una ragazzina viziata, di famiglia ricchissima, che ormai è diventata donna, al centro di una vicenda oscura capitata vent’anni prima: la ragazzina, era scomparsa dal letto in cui si trovava, nonostante la stanza fosse stata ritrovata con le imposte e la porta chiuse dall’interno, e quando ormai il padre la piangeva disperato, e la si cercava dappertutto, non riuscendo peraltro a capire come fosse svanita nel nulla, era stata ritrovata addormentata nel suo letto, nella stessa stanza da cui era scomparsa, con porte e finestre sbarrate. Ora la cugina, prospetta a Sir Henry la possibilità che si riesca a sapere veramernte cosa successe vent’anni prima. E lo invita, assieme a loro, ad un pic-nic cui parteciperà anche Vicky. Tuttavia non vuole per il momento dire cosa ci guadagni lei.
Sir Henry incontra, dopo che i due sono andati via, l’Ispettore Capo Masters con l’immancabile bombetta e gli chiede ragguagli sul caso; e così viene a sapere che quella era stata la casa, prima ancora che l’abitasse il padre di Vicky, di un grande criminale. Che ovviamente l’avrebbe potuta dotare di marchingegni atti a facilitargli la fuga qualora fosse stato in condizione di dover fuggire senza passare necessariamente dalla porta: in altre parole gli chiede se fossero stati trovati marchingegni o passaggi segreti. Risposta negativa.
Sir Henry si accomiata dall’amico..
L’indomani, Sir Henry Merrivale in compagnia dei due amici e di Vicky partecipa a questo pic-nic. Vicky si dà le arie di chi sia in possesso di poteri speciali e si vanta di riuscire a svanire anche questa volta. Dal passato Merrivale non riesce a cavare un ragno dal buco: del resto un reato vero non c’è stato e semmai, vi è stata simulazione di reato. Fatto sta che il pic-nic si materializza nello stesso posto dove la ragazza aveva abitato anni prima: una casetta nei pressi di un lago, su cui in inverno si pattinava, e nel quale in estate si pescava.
Vicky è infatuata di Bill che però è fidanzato con Eve.
Dopo che hanno allegramente pranzato, sparecchiato e riposto le masserizie nei cesti da picnic , accantonati in casa, Bill prende qualcosa e segue Vicky in casa che gli vuol far visitare la casa e vorrebbe che Bill le cercasse delle fragoline di bosco.
Passano i minuti, e i due non si fanno vivi. Dopo tre quarti d’ora circa, Eve decide di andare a vedere cosa sia successo ai due, pensando che Vicky staia cercando di adescare il fidanzato. Si sentono i suoi tacchi che battono sul pavimento, aprendo e chiudendo porte; poi riappare e dice di non aver trovato nessuno. In quel momento si sente la voce di Bill che non proviene dalla casa ma dal bosco: lo trovano tutto sporco e sudato, mentre sta cercando nel sottobosco delle fragoline. Dice che Vicky l’ha salutato precedentemente, chiudendosei la porta alle spalle.
Già, ma dov’è Vicky?
Vicky è scomparsa. Non è uscita dalla porta dicasa, altrimenti l’avrebbero vista Eve ed Henry Merrivale e non può essere uscita dalla porta che dà nel bosco, perchè Bill dice che Vicky l’ha chiusa alle sue spalle e l’ha salutato.
E in effetti la porta viene trovata chiusa dall’interno.
Dove è finita Vicky? Svanita nel nulla! Quello che aveva promesso, cioè di smaterializzarsi, è avvenuto.
La cercano in ogni dove, ma in casa non c’è: trovano solo un rubinetto che gocciola nella vasca da bagno e un pezzo di un foglio di plastica su cui quasi scivola Sir Henry.
C’è solo una stanza da controllare, dopo che è stato controllato tutto, persino i camini (lo testimoniano delle manate nere di Sir Henry sul suo candido panama): è la stanza da letto di Vicky, quella della sparizione di vent’anni prima. Merrivale la esamina, alla luce di un fiammifero, perchè la casa è abbandonata e non c’è luce, ma non trova nulla. Poi..il buio. E nel buio qualcuno parla. E’ la voce di Vicky che promette di farsi viva entro l’indomani. Accendono una lampada. Ma nella stanza stanno loro tre.
Poco dopo tutti e tre corrono via da quella casa e ritornano a casa. Sir henry ammette che in quell’occasione ha avuto paura.
Alle tre di notte qualcuno chiama Sir Henry: è Vicky che sfida Henry a trovare la soluzione. Dato che è stato svegliato, “Il Grande Vecchio” trova conveniente che anche qualcun altro si svegli, e così fa cadere dal letto il vecchio Masters, che tuttavia gli rivela come la ragazzina era riuscita a scappare dalla casa venti anni prima: l’ha saputo dal vecchio avvocato degli Adams. Merrivale non gli è da meno: aveva già, nell’ esame della casa dopo la sparizione di Vicky capito dove fosse il trucco, ma ha anche visto quello che ora gli rivela Masters: cioè che il padre della ragazzina, capito il trucco (l’intelaiatura di una finestra scorreva in un vano, dopo aver fatto scattare una molla) aveva fatto inchiodare il telaio della finestra con grossi chiodi le cui capocchie poi aveva verniciato con la stessa pittura dello stesso colore usata per dipingere il resto della finestra.
I due vanno a dormire, dopo che il Grande Vecchio ha invitato l’Ispettore a raggiungerlo a mezzogiorno al Senior Conservative’s Club.
L’indomani a quell’ora i due si incontrano. Masters gli dice che ha mandato ad ispezionare la casa il sovrintendente di Aylesbury, la località dove sorge il cottage, teatro della vicenda. Suona il telefono e il sovrintendente riferisce di aver ispezionato tutto, di aver visto persino nella credenza, per quanto impossibile fosse quel nascondiglio e di non aver trovato che stoviglie.
Il Grande Vecchio a questo punto, dopo aver ragionato, troverà la chiave della vicenda e scoprirà che non solo Vicky è scomparsa ma anche che è stata assassinata.
Da chi? Movente? Ma come hanno potuto assassinare la ragazza? E di chi era la voce al telefono? E perchè i tre erano scappati fuori dalla casa?
Tanti interrogativi in un racconto di poche pagine, in cui c’è tutto: atmosfera, malvagità, deduzione, il sovrannaturale, e due Camere Chiuse.
Ancora una volta, per creare una grande Camera Chiusa c’è bisogno di una messinscena, e c’è bisogno che qualcuno apra o chiuda qualcosa. In questo, il racconto è molto simile a Whistle Up The Devil di Derek Smith.
Il racconto è un must (nonostante per molti sia un capolavoro assoluto, non lo è secondo me e anche altri: per esempio Mauro Boncompagni mi ha detto che non gli è mai molto piaciuto. Non so perchè – non me l’ha detto – ma forse l’unica grande pecca di questo racconto è che i personaggi sono ridotti all’osso e quindi non ci vuole moltio per capire chi possa essere stato: se non è zuppa è pan bagnato, diceva mia nonna!!!) anche perchè Carr passa da momenti di ilarità pura ( il capitombolo sulla buccia di banana è un classico, ancor di più come Merrivale descriva la sua caduta; il panama immacolato con una manata nera, che diventano tre quando Merrivale si esaspera davanti alle domande, a lui rivolte, dei due, su dove possa essere finita Vicky; Merrivale che non può più dormire perchè l’hanno svegliato alle tre di notte e che ritiene opportuno che qualcun altro debba come lui rimanere sveglio, e quindi sveglia Masters) a momenti di paura pura (la voce di Vicky che sentono in una stanza in cui non possono esserci che loro tre).
Usciamo di qui! – gridò improvvisamente Eve. – Lo so che c’è un trucco! Vicky è una commediante. E adesso, andiamocene, per carità!”
Bill si schiarì la gola. “- Io sono d’accordo. In ogni caso, non avremo notizie di Vicky prima di domani mattina.” – “Oh, sì che le avrete” – sussurrò nell’oscurità la voce di Vicky. Eve lanciò un grido. Accesero una lampada. Ma nella stanza c’erano soltanto loro tre. La loro ritirata dal cottage, bisogna ammetterlo, non fu molto dignitosa. Meglio non descrivere come si precipitarono, nell’oscurità, attraverso il prato incolto, come ammassarono nella macchina i cestelli da picnic e come riuscirono a trovarsi, poco dopo, sulla carrozzabile. Da allora, Sir Henry Merrivale si limita a sogghignare al ricordo di quell’episodio- – “Ho avuto un po’ di stupida paura, ecco tutto” (pag 204).
Ma perchè scappano dalla casa e Merrivale ammette a posteriori, di essersi spaventato in quell’occasione? E’ questa la domanda alla quale nessuno secondo me sinora ha risposto.
Una cosa è lo sconcerto e altra è la paura: lo sconcerto è lo sgomento davanti a qualcosa che non rientra nel proprio modo di pensare; la paura è però ben altro: è lo stato emozionale di chi è atterrito da qualcosa. E da cosa può essere atterrito Merrivale?
Non disquisisco sul perchè Eve e Bill corrano fuori: se sono complici nella sparizione di Eve, possono avere interesse a non rimanere in casa e ad andare via, prima che Merrivale affronti razionalmente il problema della sparizione e metta assieme i pochissimi indizi. Ma invece disquisisco sulla paura di Merrivale, un uomo di molta esperienza, addirittura Capo del Controspionaggio Militare, uno che ne ha viste di tutti i colori, che scappa addirittura rischiando di inciampare nel prato incolto: perchè scappa in preda alla paura? Perchè non riesce razionalmente a capire il problema, perchè la sua razionalità si arrende per un momento dinanzi alla pura irrazionalità. Che si manifesta dalla voce di una persona che in quella stanza non c’è.
Cosa voglio dire? Che Merrivale, che altre volte si è trovato dinanzi a fatti che apparentemente si prestavano ad essere interpretati come manifestazioni sovrannaturali ma non lo erano, e che non è mai corso in preda alla paura, questa volta l’ha fatto. Cosa allora c’è di diverso questa volta dalle altre? Che Merrivale per un attimo si è trovato di fronte a qualcosa che lui aveva sempre rigettato, alla presenza di uno spirito vero. Merrivale, uomo di poca fede, se non completamente agnostico, che non ha mai creduto a parole a qualcosa che vada al di là della natura, si arrende e si comporta come ogni persona che assiste ad una manifestazione spiritica senza esservi preparato.
Tuttavia, e questo è il punto focale, se è lo spirito di Vicky che parla, significa che Vicky non è più in vita. E quella assicurazione che le notizie riguardanti di Vicky le avranno prima del giorno successivo, può spiegarsi col fatto che per lo spirito non esiste il passato il presente o il futuro: esso sa come le cose si svolgeranno, sa che Merrivale risolverà il problema.
La risposta è che nel momento in cui accade, almeno inconsciamente Merrivale ha paura di qualcosa che razionalmente lui non riesce a comprendere: lì, di sera, in un cottage abbandonato, senza luce, in un bosco, di quattro persone una è scomparsa nel nulla. Tuttavia l’elemento incomprensibile qui non è legato al buio ma alla luce di una lampada: in questo è il vero virtuosismo di Carr: aver creato un momento di tensione non legandolo all’assenza di luce ma alla sua presenza. Infatti è alla luce di una lampada, che non rischiara tutto come avrebbe fatto la luce elettrica, ma solo ciò che è immediatamente vicino al gruppo, che l’elemento tensione si manifesta. Ma perchè scappano, presi dalla paura? Perchè? Evidentemente perchè la voce che essi sentono e che identificano come quella di Vicky, proviene da un’altra presenza, che non è materiale ma immateriale: in altre parole, uno spirito senza pace. Ecco l’elemento sovrannaturale presente in questo racconto che lo rende unico. E se c’è uno spirito senza pace, è evidente che il corpo di origine è morto.
E nel momento in cui almeno inconsciamente si ritiene che Vicky sia morta, e il suo corpo non si trova (come sarebbe accaduto se avesse avuto un incidente), è evidente che qualcuno l’abbia uccisa e abbia occultato il suo cadavere. E allora, almeno inconsciamente, Merrivale già contempla che qualcosa di terribile può esser accaduto a Vicky. Ora successivamente, una voce, che lui attribuisce a Vicky lo chiama al telefono. Posto che il tono di questa sia diverso da quello di uno spirito senza pace, è evidente che Merrivale pensi ad un tentativo di contraffazione della voce. Perchè c’è questa seconda conversazione con la Vicky presunta? “Bisognava farmi sentire la voce della ragazza scomparsa, per convincermi che era ancora viva”, dice più tardi Merrivale a Masters. E perchè mai dico io sarebbe stato necessario convincere Merrivale che la ragazza fosse ancora viva, se Il Grande vecchio avesse creduto alla sparizione volontaria? Perchè probabilmente pensavano che egli nutrisse già il sospetto o la certezza che Vicky fosse morta.
Quando Merrivale spiega a Masters come le cose siano andate, spiega anche di chi potesse essere quella voce. Tuttavia qui noto che la spiegazione che viene data, cioè che al buio una voce contraffatta può essere ritenuta quella vera e non si abbia la certezza da dove sia venuta, non è, al pari della spiegazione del delitto, una spiegazione del tutto esauriente. In altre parole, secondo me, Merrivale (cioè Carr) lascia aperta una porta: quella secondo cui quella voce potesse appartenere effettivamente a Vicky, allo spirito di Vicky, che prometteva che entro il giorno dopo avrebbero avuto sue notizie. Il che effettivamente avviene, scoprendo Merrivale chi abbia ucciso Vicky e come.
Faccio notare che anche in The Burning Court viene data una spiegazione razionale dell’elemento impossibile, esistendo al pari anche una spiegazione irrazionale del fenomeno.
Quello che secondo me esiste anche in questo racconto.