lunedì 19 febbraio 2024

Giorgio (Georges) Meirs , La mano fantasma (La main fantôme, 1913) -trad. I.Sappia - I nuovi Sonzogno, N.91, 1969


Dopo parecch anni ritorniamo a Georges Meirs, trasformato in Italia in Giorgio Meirs, per parlare di un ottimo romanzo del 1913:  La main fantôme.

Pubblicato solo dopo un anno da Sonzogno, col titolo fedele La mano fantasma (1914), nonostante sia un testo più che datato, è un ottimo esempio di mystery con un quasi delitto impossibile, e tre camere chiuse, dico tre. Insomma, un romanzo quasi sconosciuto in Italia in tempi a noi vicini, ma capace di tenere avvinto il lettore con una trama ricca di colpi di scena e di inventiva.

William Tharps, il celebre poliziotto privato, è richiesto urgentemente dall'Ispettore Asselin: è avvenuto un delitto in circostanza assolutamente straordinarie, e la polizia non si raccapezza. In via Miromesnil, al quinto piano di un caseggiato, uno scultore anziano, è stato trovato morto in un appartamento. Il medico ha stilato un certificato di morte per embolia, ma l'ispettore ha come un presentimento, che si rivela giusto: da come il cadavere è stato trovato e dall'aspetto, Tharps formula l'ipotesi che egli sia stato invece ucciso. L'autopsia attesterà un avveleamento da Veronal.

Già in queste prime avvisaglie di romanzo, Tharsp fa riscontrare tutta la sua deduzione e la sua osservazione, indicando sia una serie di impronte digitali, addirittura sulla cornice di un quadro, sia dei segni sia infine l'impronta di una mano, e si pone in antitesi col dottor Mortet: sembrerebbe persino che egli si sia affrettato a diagnosticare una causa naturale per mascherare l'avvelenamento. Perchè?

Tuttavia questa non è la sola stranezza, in quante parecchie altre la polizia nella figura del Capo della polizia Assarde il Giudice Istruttore Ballencourt hanno giù stupito: tutt'intorno al cadavere ci sono delle impronte, come se qualcuno avesse fatto  qualcosa durante o dopo la morte. Eppure è strano: non è stato sparato o accoltellato o percosso, ma avvelenato. E l'assassino pare che sia rimasto lì accanto a lui fino alal sua morte, e abbia cercato qualcosa: pare qualcosa connesso ad un libretto di assegno che Tharps trova setacciando al casa. Non è la sola stranezza: ce n'è una ancora più sbalorditiva. L'assassino che ha assassinato il signor Corbat propinandogli una dose elefantiaca di Veronal, è penetrato in una casa assolutamente sbarrata da catenacci e inferriate, mente il domestico era affacendato alle sue mansioni, negli altri ambienti della casa, penetrando nelllo studio, da cui si accede anche tramite una porta esterna serrata da catenacci, passando da una porta dissimulata da un arazzo, che era nota solo al personale della casa. Ma il domestico non è stato: tutti giurano sulla sua innocenza e anche Tharps ne è persuaso. Eppure qualcuno deve essere penetrato nello studio illuminato da una grande finestra sul soffitto: forse che è passato da lì? Ipotesi dubito accantonata: il mastice che circonda il vetro è vecchio e non presenta rotture e tutt'attorno vi sono anche ragnatele che fanno pensare come da lì nessuno sia potuto passare.

Un assassino invisibile, anzi..un asssassino fantasma. E gìà perchè una mano, fantasma, attenterà alla vita di Tharps più tardi, sparandogli nell'appartamento, presidiato dalla polizia, dove nessuno è penetrato dall'esterno, come giura il portiere dello stabile. Un assassino materializzatosi, che scappa e svanisce nell'aria: Carr ne sarebbe rimasto deliziato.

Ma prima che ciò si verifichi, anche il libretto di assegni, scomparirà dallo studio del Giudice Istruttore, sbarrato, e senza che si sia verificata alcuna effrazione; e del resto nè Ballencourt nè il suo Cancelliere, fidatissimo, possono esserne ritenuti colpevoli.

E dopo l'attentato a Tharps, grazie a Dio, sfiorato da due proiettili e ferito leggermente, un'altra Camera chiusa ancora con delitto, si verificherà nell'appartamento, un appartamento definito già maledetto prima della morte di Corbat, perchè negli anni precedenti una serie di locatari era morto in circostanze misteriose: non ultimo l'ultimo affittuario, Barolais, caduto d'abbasso, dalla finestra sul salone. Sarà trovato, nell'appartamento guardato a vista da due poliziotti, e assolutamente sbarrato, un cadavere sconosciuto: come si sarà potuto materializzare?

Tharps, durante una seduta, davanti al dottor Mortet, al capo della Polizia, al giudice Ballancourt, al domestico e al suo assistente Pastor Linhyam, scoprirà le sue carte e individuerà il colpevole, anzi..i colpevoli.

Scritto nel 1913, questo romanzo di Meirs, pur avendo certi caratteri abbastanza datati (es. tutte deduzioni su come Lynham si presenta una mattina, su come egli abbia fatto un telegramma, e che si è raso il volto male con la luce del giorno invece che con quella elettrica, e parecchie altre, che attengono anche i luoghi del delitto  (per es che l'assassino dovesse essere di statura media) che rimandano chiaramente a Sherlock Holmes di cui Tharps è chiaramente un clone, possiede indubbiamente delle sue qualità:

per essere del 1913, quindi in una età del romanzo giallo ancora influenzato dall'avventura, questa storia avvince, proponendo una serie di falsi colpevoli: prima Mortet, poi il domestico che esce dall'appartamento e scompare alla ricerca di una fantomtica persona, poi di nuovo Mortet che si materializza, quando sparano a Tharps, ed un altro domestico del vicino, poi di nuovo il domestico di Corbat, fino alla conclusione inaspettata; una serie di morti maledette e sospette; una strana vicenda di bancarotta, curiosamente legata a quell'appartamento; un banchiere scomparso con un tesoro di titoli; uno scultore povero che vive ben al di sopra delle sue possibilità; ed una serie di quasi omicidi e omicidi e sparizioni di oggetti e persone, in situazioni impossibili.

La soluzione è logica, e oggi diremmo quasi scontata, ma neanche tanto: vi si collega direttamente una di Halter (che mi viene il sospetto che avesse letto questo romanzo:glielo chiederò prima o poi ) e anche una di Rogers, per una cosa chiaramente indicata, quando se ne parla all'inizio. E quella della sparizione del libretto degli assegni, basandosi sulla assoluta innocenza di Cancelliere e Giudice Istruttore che l'avevano in consegna, una volta risolta, ci verrebbe da dire: trucco strausato, ma, se ci riferiamo al tempo in cui fu scritto... E io francamente non ci avevo pensato, perchè in un libro del genere dove l'impossibile aleggia ognidove, non ti aspetti una cosa del genere, che però è perfettamente logica.


Tharps rivela ogni cosa e trionfa: e spiega perchè ci sono due omicidi, attribuibili a due diverse persone, ma compiuti senza una vera premeditazione. Il primo noi diremmo oggi un omicidio preterintenzionale, il secondo un omicidio di difesa. Però il primo messo in pratica da chi ruba e quasi uccide Tharps, il secondo da uno che vorrebbe appropriarsi di un tesoro. Mentre il primo usa la via di fuga impossibile, il secondo accede all'appartamento naturalmente, ma non viene indagato. E l'omicidio accade mentre i due agenti, incaricati della sorveglianza della casa, sono giù al bar a sorseggiare un caffè e a mangiare un panino, avendo perfetta visuale del portone, da cui solo si può accedere dall'esterno, non vedendo nulal di strano, ma poi trovando il domestico di Corbat tremante e per terra il cadavere di qualcuno che non si sa chi sia, ma che a Tharps ricorderà qualcuno.

Tharps, che in origne si chiamava Thorpe, e che un bel giorno ebbe il cognome mutato perchè un tale Thorpe si presentò alla casa editrice di Meirs minacciando di adire alle vie legali se non si fosse cambiato il cognome del personaggio, manifesta oggi la tanta popolarità di cui già godeva in quel tempo, l'oggi dimenticato Meirs, che pare fosse anche l'illustrratore delle copertine delle prime edizioni dei suoi romanzi.


Pietro De Palma

domenica 7 gennaio 2024

Stuart Palmer : E' morta una formica (Murder on the Blackboard, 1932) - trad- Giorgio Monicelli. I Classici del Giallo Mondadori N.298 del 1978

 

 


 

 

Ho parlato solo una volta di Stuart Palmer, recensendo un suo romanzo senza personaggio fisso, Natale con i tuoi. Questa volta invece, tratterò uno con il suo personaggio principale, Hildegarde Withers, che compare in quattordici romanzi, dal 1931 al 1969.

Murder on the Blackboard, E’ morta una formica (????) è il secondo romanzo con la zitella e fu pubblicato nel 1932.  

Hildegarde Withers, mentre sta ancora nella sua classe nonostante sia suonata la campanella di fine lezione, sente dei passi che identifica in quelli dell’insegnante di musica Annalisa Halloran, anche se la camminata verso il portone principale, le sembra strana. Quando esce va verso il portone sperando di vederla ma non accade. Rientrando e andando verso lo spogliatoio, la trova scalza e morta, uccisa da un colpo d’ascia che le ha fracassato la fronte. Il tempo per andare a chiamare l’Ispettore Piper, e il cadavere scompare. Dalla scuola non è uscito, e pertanto deve essere stato nascosto. Dopo aver guardato in alcune classi, Piper scende in cantina dove trova una fosse nel terreno battuto appena cominciata. Neanche il tempo di voltarsi e viene abbattuto da un colpo di pala che lo tramortisce e quasi lo manda al creatore.

Chiamati i rinforzi, e scandagliati per la scuola, il cadavere viene finalmente trovato per intuizione della Withers nella caldaia, mezzo carbonizzato. Unico indizio interessante, nella cenere, quella che sembra una vera di oro, mezza fusa.

Le indagini partono quindi, con Piper gioco forza fuori gioco e la Withers nominata consulente della polizia, prima dal solo Piper, poi anche dal capo della polizia dopo che il criminologo Pfaffle ha clamorosamente fallito nelle indagini.

I sospettati si avvicendano. Prima è il custode, un tipo stolido, che commercia il alcool per raggranellare qualche soldo, che viene sospettato, anche perché si trovano nel suo spazio, delle scarpe da donna, appartenenti alla Halloran, e nel sotterraneo lui ha il suo rifugio. Poi però le indagini, cominciano a girare in altre direzioni: c’è una compagna di stanza, con cui la Halloran aveva vinto alla lotteria, che sembra poter essere sospettata; un’altra compagna che fugge e fa perdere le sue tracce, la Withers che sempre nel sotterraneo sfugge ad un tentativo di omicidio per puro miracolo, e altre direzioni di marcia interessanti si affiancano a quelle già note: dall’autopsia emerge che la vittima era destinata a morire perché le ossa erano affette da anemia perniciosa, ma una formica morta nell’aula di chimica grazie ad un composto petrolifero, fa sorgere seri sospetti che qualcuno l’abbia somministrato alla Halloran prima che venisse uccisa, e che lei accorgendosi di essere stata quasi uccisa, avesse lasciato un misterioso messaggio musicale sulla lavagna.

Ma grazie ad uno stratagemma, la Withers fermerà in esxtremis un diabolico assassino.

Fra tutti i romanzi di Palmer, con personaggio principale, questo è forse il più tetro. Stefano Benvenuti, storico curatore delle collane gialle Mondadori, affermava che Palmer è l’iniziatore del romanzo giallo umoristico, poi attuato da Craig Rice (con cui collaborò) e in tempi recenti da Donald E. Westlake. Tuttavia a me il romanzo non sembra affatto umoristico, se non per i battibecchi tra lei e il tronfio Augustin Pfaffle. Non so Benvenuti su quali basi poggiasse la sua teoria, perché se c’è una cosa che invece è Palmer, è l’essere stato uno dei primi seguaci di Van Dine: e l’essere un vandiniano, lo si riscontra in diverse cose presenti in questo romanzo.

Innanzitutto la coppia: Withers-Piper, replica quella Philo Vance-Markham, narratore-Tenente Lord, Ellery Queen-Richard Queen, Abbot-Thatcher Colt.

Poi l’intitolazione dei romanzi almeno fino agli anni ’40, che segue la falsa riga di quelli di van Dine: là, The Case of, qui The Puzzle of.

Poi altri riferimenti, che vanno più nella scia di Queen che di Van Dine: innanzitutto, il messaggio del morente, che è la caratteristica queeniana per eccellenza, qui è il messaggio in forma musicale, lasciato sulla lavagna. E poi anche l’avvelenamento della Halloran, avviene con un composto estremamente velenoso tratto per raffinazione dal gasolio, il tetraetile di piombo, come in The Roman Hat Mystery, primo romanzo di Ellery Queen, e anche come in quel caso, viene mischiato con whisky. Poi come sottolinea il mio amico Mike Grost, ci sono anche altri riferimenti che avvicinano questo romanzo per es. ad altri di Daly King, un altro vandiniano:

 



L'atmosfera horror di questo romanzo ricorda un po' il successivo The Curious Mr Tarrant di C. Daly King. C'è la stessa enfasi sugli spazi nascosti, lo stesso interesse per gli scantinati, la stessa apparizione di uomini dal nulla e uno sguardo simile verso gli assassini pazzi e diabolici. Anche gli armadietti artigianali  nel romanzo di Palmer sembrano in qualche modo ricordare il caveau e le sue mostre in "The Vanishing Harp" di King. Anche gli schemi di titolazione di Palmer e King sembrano paralleli, con "Riddle of" e "Puzzle of" di Palmer che riecheggiano in "Episode of" di King.

Dicevamo che tra i romanzi con la Withers questo è uno dei più tetri. All’inizio, almeno fino alla scoperta del cadavere, c’è una notevole tensione che culmina con la scoperta del cadavere che ancora brucia nella caldaia. Nel romanzo italiano, questa atmosfera è molto slavata, anche per effetto della traduzione approntata da Giorgio Monicelli, fratello del più noto Mario, padre della Commedia all’Italiana, che tagliò parecchie pagine, una cinquantina. Oltretutto, nella versione originale, oltre che essere i 21 capitoli, ognuno intitolato, nel terzo, c’è anche una pianta dell’edificio che se la tradizione fosse stata integrale sarebbe stata essenziale per capire la dinamica della vicenda e comunque anche nell’edizione italiana, sarebbe stata utile.

La teatralità del romanzo, con personaggi che scompaiono e ricompaiono – l’assassino e la stessa Whiters che scappa dalla classe, che viene rincorsa per le scale senza che venga trovata e poi riappare scendendo dal secondo piano – si sarebbe potuta maggiormente apprezzare se la traduzione fosse stata integrale, e quindi si capisce come in questo caso in particolare, lo sfoltimento di pagine, che toglie principalmente atmosfera, ha nuociuto alla godibilità del romanzo. In particolare non si apprezza l’iter della sequenza iniziale, che è poi fondamentale: l’assassino che simula il passo della vittima, esce dalla scuola e riappare altrove, e anche come l’assassino possa portare con sé il cadavere della vittima, senza che nessuno lo veda. Questo è possibile solo immaginando che l’assassino abbia una perfetta conoscenza dei luoghi e come raggiungerli senza poter essere visto. Ecco, proprio questa capacità, che nel volume originale c’è (la didascalia della mappa dice “Miss Whiters disegna una mappa della Jefferson School”), viene sottratta al lettore nell’edizione italiana, che quindi non può seguire personalmente l’iter descritto, ma affidarsi in toto a quello che dice il narratore.

L’unico punto che mi appare debole del romanzo, molto bello devo dire, è il fatto che l’assassino simuli il passo della vittima indossando i suoi sandali, molto più piccoli del suo piede: io non ce lo vedo un assassino, che deve fare una cosa nel più breve tempo possibile, per evitare che altri si accorgano del delitto, a camminare con dei sandali da donna, con il rischio anche di cadere. A meno che non sia donna. Ma poi nella soluzione si vedrà che non lo è.

La differenza nella titolazione questa volta non è così abominevole come in altri romanzi, perché entrambi i titoli centrano due aspetti fondamentali del romanzo: cioè che l’assassinio non sia di impeto ma che sia invece premeditato. Infatti il titolo originale è una sorta di messaggio in codice della vittima rivolto a chi quel messaggio musicale avrebbe potuto decifrarlo (e chi potrebbe essere stato non si dice) oppure è una sorta di liberazione inconscia, mentre quello italiano, fa riferimento al fatto che la Whiters trovi nell’aula di chimica una formica morta in un bicchiere che il resto di un liquido, e si ponga la domanda come quella formica sia potuta morire così presto.

 

Pietro De Palma

martedì 26 dicembre 2023

Per una perfetta (o quasi) doppia lista di Camere chiuse e Delitti Impossibili in racconti e romanzi

 

 


Tempo fa approntai una mia selezione possibile dei 20 migliori romanzi con Delitti Impossibili e Camere Chiuse. Stimolato dall'approntamento di una lista - comprendente 10 tra Camere Chiuse e Delitti Impossibili sia in romanzi che racconti - da parte di Jim Noy, blogger e scrittore americano, sul suo blog, oggi ne stilerò due, in quanto ho rilevato una pecca piuttosto evidente in essa, cioè il fatto che siano inseriti sia romanzi che racconti, che differiscono ovviamente per lunghezza, ma anche per sintesi, e per struttura degli stessi. Oltretutto, nonostante si scelga una tra due possibili soluzioni stilistiche, nell'approntamento di una selezione di titoli di autori diversi ( tra stilare una lista comprendente i romanzi di Carr o invece, approntarne una senza Carr, viene scelta la seconda soluzione ), l'inserimento di troppi titoli di Paul Halter, mi sembra assolutamente spropositato, e anche tenendo conto del fatto che Halter è indubbiamente il maggior scrittore contemporaneo di delitti impossibili, tuttavia questo non toglie che ve ne siano stati altri di autori importanti che abbiano scritto degli autentici capolavori, offuscati dalla presenza ingombrante di Halter.

La lista di Jim Noy è la presente:

Obelists Fly High (1935) by C. Daly King  (romanzo)

Whistle Up the Devil (1953) by Derek Smith  (romanzo)

‘The Impossible Murder of Dr. Satanus’ (1965) by William Krohn (racconto)

Inherit the Stars (1977) by James P. Hogan ( romanzo)

Invisible Green (1977) by John Sladek (romanzo)

‘The Lure of the Green Door’ (1991) by Rintaro Norizuki (racconto)

The Demon of Dartmoor (1993) by Paul Halter (romanzo)

‘The Cleaver’ (2000) by Paul Halter (racconto)

‘The Night of the Wolf’ (2000) by Paul Halter (racconto)

The Gold Watch (2019) by Paul Halter (romanzo)

Oltretutto, c'è un'altra grave pecca che sfugge qualora non si sia letto il romanzo in questione: Inherit the Stars (1977) by James P. Hogan non è affatto una storia di delitto impossibili, ma un romanzo di fanta-archeologia molto vicino a L'astronave degli esseri perduti, terzo dei film sulle avventure del Professoror Quatermass. Quindi la lista è piuttosto una Non-Lista.

IL PROBLEMA CARR

John Dickson Carr è umanamente considerato il massimo ed insuperato Maestro di Camere Chiuse, colui che ha scandagliato il genere inventando i romanzi con le più assurde ed elettrizzanti situazioni. Per cui, gioco forza, chi voglia elaborare una lista delle Camere Chiuse, non potrà non confrontarsi con Carr. Tanto più che egli non è stato solo uno specialista, ma un grande romanziere, con una grande tecnica narrativa, e con descrizioni e atmosfere mozzafiato, che ben si prestavano per di più, proprio per la loro densità, ad essere drammatizzate alla radio. Quindi un grandissimo scrittore, che può dare seri grattacapi.

Per quale motivo? Per uno soprattutto: se la lista comprenderà Carr, naturalmente essa dovrà essere copiosa, superando di gran lunga il numero 50; se invece si volesse approntarne una essenziale, bisognerebbe a mio parere escludere a priori Carr, che costituisce un caso a parte. Infatti, creare una lista, in cui inserire uno-due romanzi di Carr sarebbe non solo riduttivo ma anche ingiusto, perché ciascuna sua grande Camera è un discorso a sé, che merita di essere ricordato. Per di più, è accaduto che nel caso di una lista molto famosa, quella di Lacourbe, per una sorta di sciovinismo nazionale o di orgoglio patrio che lo si voglia definire così, a sei sette romanzi di Carr ne sono stati contrapposti altrettanti di Halter.

IL PROBLEMA HALTER

Ora qui, si tocca un punto controverso, perché Paul Halter è il più grande scrittore di Camere, dopo Carr e Hoch (il più grande nel genere dei racconti), e quindi ben si presta ad essere ricordato e magari confrontato. La cosa mi tocca ancor di più, perché nel passato ho realizzato un’intervista a Paul, della cui amicizia godo, e quindi mi riesce alquanto problematico parlarne: Ma siccome il discorso l’ho già esperito altrove, e ne ho discusso con lui (in francese, è ovvio), non vedo perché non dovrei ribadirlo in questa sede: per me il più grande è Carr, senza ombra di dubbio, ed è insuperato per un aspetto semplicissimo, cioè il fatto che fosse uno scrittore a tutto tondo, i cui romanzi non avevano solo problemi complicatissimi, ma anche grandi atmosfere e grandi assassini, cioè la natura psicologica del colpevole era molto ben analizzata. Nei romanzi di Paul invece, se il virtuosismo in sè per sé raggiunge vette assolutamente inusitate, forse anche superiori a Carr, perde molto nella caratterizzazione dei personaggi, perchè molto spesso i suoi personaggi o sono malati psichicamente oppure sono donne o ragazzi, non vi sono cioè caratterizzazioni di assassini ben curate se non in casi eccezionali, anche se le atmosfere sono anche ben svolte. E’ un po’ lo stesso discorso che si potrebbe fare, ovviamente in ambiti più ristretti, per Clayton Rawson, uno scrittore che da illusionista qual era ha confezionate alcuni esempi straordinari di Camere Chiuse, tra cui lo spacca-cervelli in assoluto migliore secondo me assieme a Le tre bare, cioè Morte dal cappello a cilindro: anche lui infatti, pur essendo un maestro di problemi insolubili, è carente in qualcosa: nel suo caso nelle atmosfere, che sono alquanto fredde.

 

SOLUZIONE LACOURBE

 

Lacourbe invece nella sua lista delle 99 Camere (che sono in realtà di più) appaia i due in una sorta di confronto a sé, limitando la considerazione delle altre, in qualche modo. Nel suo caso, poi, c’è una esorbitante presenza di classici francesi, a discapito di quelli anglosassoni, e assenza o quasi di Camere elaborati da scrittori di altra nazionalità: per es. di italiano non vi è nulla.

Anche questo è un altro punto controverso: infatti in una lista che si rispetti, ed il più possibile imparziale, sia la letteratura francese che quella anglosassone dovrebbero essere presenti, perché i francesi negli anni ’30 hanno confezionato alcuni straordinari esempi che sono tuttavia assai poco considerati nel mondo anglosassone a causa della carenza di traduzioni, a cui sta provvedendo poco alla volta John Pugmire, caso però isolato. E così se la lista di Hoch, non ne presenta neanche una, la lista di Lacourbe ne presenta parecchie, anche troppe forse.

Bisognerebbe poi esaminare un ulteriore punto: è giusto stilarne una che contenga tutte le Camere migliori in assoluto, oppure solo quelle migliori tradotte in italiano (come fatto da Lacourbe)?

Beh, io sarei propenso a indicare per sommi capi una che lo sia in assoluto, e in cui i romanzi siano citati non in base ad una graduatoria che sarebbe inopportuna per la presenza di romanzi di Carr nei confronti di quelli meno numerosi altri scrittori, romanzi di Carr che finirebbero con il riportare inevitabilmente votazioni superiori a quella di altri, ma ad una lista di titoli, tutti parimenti importanti.

Un ulteriore motivo di ragionamento riguarda cosa si intenda per Camere Chiuse: comunemente, per Camere Chiuse si intende talora anche il cosiddetto Delitto Impossibile. Infatti molti autori considerano i due termini, in sostanza assimilabili. Per me, invece, si tratta di due cose distinte, in ragione degli elementi che contengono: il delitto impossibile in sé stesso, pur configurandosi spesso come un gioco di prestigio o una illusione (vedasi La Tabacchiera dell’Imperatore per esempio, o La lampada di Bronzo), non è una camera chiusa vera e propria: Infatti perché si possa parlare a ragione di Camera Chiusa, è necessario che vi sia non solo un elemento temporale ben contraddistinto (che magari può esistere da solo nel Delitto Impossibile: per es. Tour de Force di Christianna Brand) ma anche spaziale: direi quasi soprattutto spaziale. Cioè è necessario che vi sia uno spazio ben definito, nel quale si è svolto un omicidio o una sparizione di qualcosa, senza che esistano i presupposti per i quali qualcuno sia potuto uscire: perciò avremo una stanza chiusa da porta e finestre, con camini inaccessibili e senza botole e porte segrete; oppure una casa circondata da neve intatta, oppure un delitto avvenuto in una spiaggia con attorno sabbia senza impronte. Oppure deve essere avvenuto all’esterno davanti agli occhi dei presenti senza che nessuno abbia visto l’assassino (Occhiali neri). Oppure è avvenuto addirittura sotto la pioggia, senza che vi siano impronte bagnate (in un romanzo di De Angelis).

Seguendo la falsa riga di Lacourbe, che si badi bene io rispetto profondamente, fors’anche per aver pubblicato in francese tutti i radiodrammi di Carr, io potrei stilare una mia lista in cui comprendere anche romanzi italiani; però, come la lista di Lacourbe, anche la mia finirebbe per essere sciovinista, in quanto andrebbe a finire che una lista italiana, con romanzi anche italiani, finirebbe per escludere romanzi di altra nazionalità magari più meritevoli.

Nel recente passato, ho stilato una lista comprendente Carr e Halter. Stavolta, mi comporto più radicalmente, ma sempre rispettando la presenza nell'ombra di Carr: escluderò dalla lista, romanzi di Carr, e vi inserirò solo uno di Halter.

Qiuindi sottoporrò due di liste , distinte: la prima di 20 racconti, la seconda di 20 romanzi.

LISTA DI 25 RACCONTI DI DELITTI IMPOSSIBILI



Gilbert Keith Chesterton: The Wrong Shape, 1910

Melville Davisson Post : The Doomdorf Mystery, 1914

Maurice Leblanc: Thérèse et Germaine, 1923

C. Daly KING : The Episode of the Vanishing Harp,1935

Agatha Christie : Dead Man’s Mirror, 1936

Cornell Woolrich: The Murder in Room 913, 1938

Craig Rice : His Heart Could Break, 1943

Joel Townsley Rogers : The Hanging Rope, 1946

Clayton Rawson : From Another World, 1948

Ellery Queen : The Adventure of the Dauphin's Doll, 1948

Joseph Commings : Ghost in the Gallery, 1949

Anthony Boucher : The Smoke-Filled Locked Room, 1950

Edmund Crispin: Beware of the Trains, 1953

William Heidenfeld: The Unpleasantness at the Stooges Club , 1953  

August Derleth : The Adventure of the Devil's Footprints, 1958 

William Brittain:  The Man Who Read John Dickson Carr, 1965

Stephen Barr : The Locked Room to End Locked Rooms, 1965 aka The Locked House, 1966 

William Krohn: The Impossible Murder of Dr. Satanus, 1965

Christianna Brand : The Gemminy Cricket Case, 1968

John Sladek : By An Unknown Hand, 1973

Edward D. Hoch: The Impossible Murder, 1976

Rintaro Norizuki : The Lure of the Green Door, 1991

Paul Halter : The Night of the Wolf, 2000

Soji Shimada: The Running Dead, 2017

Martin Edwards: The Locked Cabin, 2020

 

LISTA  DI 25 ROMANZI DI DELITTI IMPOSSIBILI

 

Edgar WALLACE: The Clue of the New Pin, 1923

Anthony BERKELEY : The Layton Court Mystery, 1930

Noel Vindry : La Maison qui tue, 1931

S.S. Van DINE : The Kennel Murder Case, 1933

Anthony WYNNE: The Case of the Gold Coins, 1934

Franco Vailati: Il mistero dell’Idrovolante, 1935

Clayton Rawson: Death from a Top Hat, 1938

Agatha ChristieTen Little Niggers, 1939

Anthony Boucher: Nine Times Nine, 1940

Georgette Heyer : Envious Casca, 1941  

Hake Talbot : Hangman's Handyman, 1942

Alexis Gensoul & Charles Grenier: La Mort vient de nulle part, 1945

Pierre Boileau : L’assassin vient les mains vides, 1945

Edmund Crispin: The Moving Toyshop, 1946

Seishi YOKOMIZO: Honjin Satsujin Jiken, 1946

Leo BRUCE: Case for Three Detectives, 1947

Charles ASHTON: Dance for A Dead Uncle, 1948

Christianna Brand : Death of Jezebel, 1948

Alan GREEN: What a Body!, 1949

Peter Anthony: The Woman in the Wardrobe, 1951

Derek Smith : Whistle Up The Devil, 1953

Ngaio Marsh : Off with his Head, 1956

Keigo HIGASHINO: Hakuba Sansō Satsujin Jiken, 1986

Paul Halter : La Quatriéme Porte, 1987 

Paul Doherty : The Nightingale Gallery, 1991


Ovviamente la lista è suscettibile di miglioramenti. Come pure tante altre cose si sarebbe potuto inserire e non lo si è fatto. Ad es. qualcuno potrebbe obbiettare circa The lamp of God di Ellery Queen, che c'entra sì con la trattazione (fa parte degli appartamenti o case che scompaiono o non esistono), ma è troppo lungo per essere un semplice racconto, e troppo breve per essere un romanzo. Ed Envious Casca, entra in questa lista, solo perchè si è optato di non inserire i romanzi di Carr, perchè in quel caso, a essere prescelto sarebbe stato He Who Whispers del 1946, che ricorre allo stesso identico espediente, anche se Heyer precede Carr di cinque anni.

Pietro De Palma

 


 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 22 agosto 2023

John Sladek: By An Unknown Hand (in The Times of London Anthology of Detective Stories), 1972

 By An Unknown Hand

(da una mano sconosciuta)


 


 

Nella primavera del 1972, la British publishing company Jonathan Cape Ltd assieme a The Times di Londra bandirono un concorso letterario, incentrato su un racconto giallo inedito: il vincitore avrebbe vinto la pubblicazione di un romanzo. La giuria era di tutto rispetto: Agatha Christie presidente, il drammaturgo e sceneggiatore (Sir) Tom Stoppard, John Higgins del Times, Tom Maschler del Cape, Lord Butler, Presidente della Royal Society of Literature and Preside del Trinity College di Cambridge. Su più di 1000 racconti inviati ne furono scelti una decina, e tra questi il vincitore fu By An Unknown Hand di John Sladek che superò The Tale of Jeremy Fischer di Don Carleton e The Scapegoat di Michael Freeman. Il premio, come previsto, consistette nella pubblicazione del primo dei due suoi romanzi con Camera Chiusa, Black Aura, e nella pubblicazione del racconto accanto agli altri prescelti, in The Times Anthology of Detective Stories (1972).

Il racconto, che Mauro Boncompagni citò in uno Speciale dedicato alle Camere Chiuse, è uno dei vertici assoluti tra i puzzles incentrati su un mistero della camera chiusa, tanto più che la soluzione non è concettualmente difficile ma al contrario molto semplice, una volta che si è compreso come è stata attuata.

Thackeray Phin, investigatore privato abbastanza quotato, viene contattato dal gallerista Anthony Moon, in merito a minacce di morte che hanno raggiunto l’artista più quotato della sua galleria di arte contemporanea, Aaron Wallis: una delle due minacce specifica che proprio quel giorno, alle 9 di sera, Wallis morirà.  Quando faceva parte di un gruppo di avanguardia chiamato Aggressives, Wallis aveva creato un’opera molto rappresentativa, Kitchen Shrapnel (Scheggia da cucina), assemblando a un vecchio lavandino di ferro  tutta una serie di strumenti taglienti, come aghi, spille, coltelli, forbici, rasoi grazie a del cemento. L’opera, inserita in un cubo di vetro, era il pezzo più pregiato della Galleria Moon. Tuttavia l’attribuzione era stata contestata da un altro degli Aggressives, Bob Price, che aveva rivendicato la vera paternità dell’opera. Quest’ultimo oltre che essere irato per questo, aveva dovuto subire anche l’abbandono da parte della sua ragazza, l’attrice Polly Bradbury, che aveva preferito Aaron a lui. Costui è pertanto uno dei potenziali estensori delle minacce, a cui non crede però la fidanzata di Aaaron, Polly, che chiede a Thackeray Phin di non accettare di fare da guardia del corpo a Aaron perché questi già preoccupato, potrebbe peggiorare nella sua psicosi.

Va da sé tuttavia che Phin accetta, e Moon lo conduce in un palazzo lussuoso: Aaron vive all’undicesimo piano. Prendono l’ascensore e mentre parte, Moon gli porge un depliant e parlano in merito. Quando arrivano all’undicesimo piano, Moon gli mostra la porta dell’appartamento che è unico a quel piano: complessivamente sono 12 i piani: fino al nono sono abitati da più famiglie, mentre il decimo undicesimo e dodicesimo hanno appartamenti unici. L’unico ad essere abitato in quel giorno è quello di Aaron, mentre gli occupanti degli altri due piani sono temporaneamente assenti.

Phin dovrà aspettare che arrivi Wallis e poi montare la guardia. Alle 20,15 infatti arriva Aaron, con una gran zazzera di capelli e degli occhiali da sole, che apre la porta e poi gli passa una sedia arancione su cui Phin monterà la guardia.

Circa mezzora dopo ritorna Moon con dei sandwiches e una tazza di caffè per Phin: i due restano a parlare per un po’ di arte. Alle 22, Moon va via, chiedendo nel contempo a Phin di rimanere fino a mezzanotte per stare sicuri. A mezzanotte, Moon ricompare e chiede per maggior sicurezza di aspettare fino all’una. Phin monta sempre la guardia davanti alla porta. Ad un certo punto compare Moon e i due vanno via: Moon si scusa per i suoi ingiustificati timori, ma del resto Phin è stato pagato e quindi..

Scesi nell’atrio del piano terra, assistono ad un litigio del portiere con un motociclista: è arrivato Price. Costui è arrabbiato perché ha ricevuto una telefonata in cui lo si pregava di recarsi al palazzo, ma pare che nessuno ne sappia nulla e Wallis non risponde al telefono. In realtà pare che sia stato il solito scherzo cretino e Price va via. Moon tuttavia ricomincia a preoccuparsi perché Wallis non abbia risposto, e arrivata Polly, i tre risalgono all’undicesimo piano, dove fuori della porta c’è la sedia arancione di Phin.

Siccome sono trascorse delle ore, bussano e chiedono a Aaron di dire come stia, ma non ottengono risposta. Bussano, gridano e alla fine i due uomini sfondano la porta, chiusa dall’interno, trovandosi davanti Aaron morto strangolato con un tubo di gomma. L’appartamento, le cui finestre e la cui portafinestra che da sulle scale di sicurezza sono state murate per volontà di Aaron che soffriva di una malattia dovuta all’esposizione alla luce solare, non ha altre aperture, se non la porta, e una piccola finestrella, molto piccola, da cui non passerebbe forse neanche un gatto, per la presa d’aria.

La situazione impossibile è paradossale: un uomo è entrato in quell’appartamento davanti agli occhi di Phin, eppure è stato strangolato, e l’assassino non può essere uscito che dalla porta, ma questo è assolutamente impossibile, tanto più che la porta era chiusa dall’interno, e l’appartamento è privo di finestre e aperture atte a far passarvi attraverso un uomo.

La polizia arriva e dopo i rilievi, l’Ispettore sente l’unico testimone oculare cioè Phin; tuttavia l’Ispettore Gaylord dissente e non crede alla versione dei fatti raccontata dall’investigatore: “There are only three possibilities, Mr Phin. Either Aaron Wallis killed himself—which I cannot believe—or you killed him, or else you helped someone else kill him”.

In sostanza Phin oltre ad essere stato fregato, subisce un’ulteriore beffa, in quanto è accusato dell’ assassinio di Wallis. Per salvare se stesso, dovrà appellarsi a tutte le sue risorse e al suo acume per venirne a capo, salvarsi dall’accusa di assassinio e inchiodare il vero colpevole.

Il racconto rappresenta veramente una delle vette più alte del puzzle del delitto impossibile, perché riunisce nello stesso racconto alcuni dei presupposti seguiti in tante opere precedenti:

l’uscita sorvegliata da un testimone assolutamente veritiero (lo stesso Phin)

l’assassinio in uno spazio ermeticamente chiuso

la porta chiusa dall’interno mediante un catenaccio

l’assassino svanito nell’aria.

E la soluzione assolutamente perfetta, si basa su pochi elementi: una sedia arancione, una targa e due chiavi, un pezzo di spago e un fil di ferro, cui Phin riesce a dare l’importanza specifica spiegando così come è stato commesso l’omicidio, il cui movente è l’interesse, i soldi.

Non sarebbe bastata probabilmente però la soluzione immaginifica a spiegare il delitto e soddisfare i quattro punti su citati, per ottenere la vittoria, ritengo: anche il racconto piazzatosi secondo aveva infatti una soluzione molto ingegnosa per spiegare il delitto su cui si basava. E quindi, il racconto di Sladek, dovette soddisfare i quattro giurati e la presidente Agatha Christie, per qualcosa in più che aveva rispetto alle altre opere presentate.

Questo ingrediente in più è l’ironia, che Sladek usa per soppesare le proprie facoltà deduttive e nel rapportarle ad altri. Assolutamente delizioso è per esempio quando ricorda illustri scrittori famosi e chiede a loro una mano, leggendo le loro opere:” A man is killed inside a locked, watched room, he thought, adding a mental groan. The killer vanishes. The sleuth gives up and commits dishonourable suicide ... or else is arrested for the crime. Sherlock Holmes wasn’t going to be any help at all. Phin hurried home to read some locked-room mysteries. If Dr Fell could not cure this devil case, then perhaps Father Brown could exorcize it.” 

Pessato che non sia mai stato tradotto in italiano!

Pietro De Palma