martedì 31 ottobre 2017

Charles Daly King : L'episodio del chiodo e del requiem (The Episode of the Nail and the Requiem, 1935) - trad. Dario Pratesi - in "I delitti della camera chiusa", I Bassotti, Polillo, 2007

Circa un anno fa ancora girava ancora la voce, di cui aveva dato per la prima volta notizia lo stesso Boncompagni sul Blog del Giallo Mondadori, che si sarebbero potuti pubblicare tutti i racconti di Mr. Tarrant di C.Daly King, in uno Speciale apposito. In passato, anni fa, si era fatto per Lovesey, per Carr, per Queen, nei Supergialli; così come talora ancora escono dei numeri speciali del Giallo Mondadori. Quindi sulla possibilità che potesse accadere, nulla quaestio. Poi, però la cosa non ha avuto seguito. Visto che da una parte la sensibilità c'era a tradurre in Italia un must, e visto che poi non se n'è fatto nulla, è chiaro che chi doveva decidere, ha deciso di soprassedere. Ora che a Forte il romanzo mystery degli anni '30-'40  non piaccia, si è capito chiaramente, e che prediliga piuttosto quello contemporaneo, altrettanto chiaramente lo si è compreso. Oddio, non ci sarebbe nulla di male. Ognuno la pensa come crede. E la produzione contemporanea potrebbe essere anche interessante, se rispondesse sempre ad un canone di qualità pari a quella di quegli anni che furono. Cioè in parole povere, se avessimo romanzi di Lovesey, Colin Cexter, Cook, Martin Edwards, Paul Doherty, Paul Halter, Lehane,Bazell, Lansdale, nessuno umanamente potrebbe dire alcunchè.
Ma il bello è che abbiamo altri romanzi, di altri autori, o meglio autrici. Non sono sessista, affatto. Ma oramai Anne Perry ha fatto il suo corso. E lo dice uno che ha i primi suoi venti romanzi. Ma, chi anche è innamorato della Perry, non potrà non riconoscere che le trame sono sempre quelle, e si ripete in continuazione, un po' come i romanzi di Amelia Peabody.
Ora al di là del gusto, forse, dico forse, nella decisione di Forte hanno pesato anche i diritti. Forse. Nonostante ciò al di là delle considerazioni personali, se ci si fosse basati su quelle dei "professionisti storici del Mystery", i racconti di Mr Tarrant di Daly King,  sarebbero dovuti essere pubblicati non fosse anche perchè celebrati  nientepopodimeno che da Ellery Queen.
Fatto sta che i racconti di Mr Tarrant non si faranno più. E allora è necessario cercare di raccogliere quelli che sono almeno stati pubblicati in Italia: i due pubblicati almeno fino a questo momento da Polillo ed uno virtualmente introvabile, legato agli albi della Garzanti degli anni '50.
Originalmente,i racconti di Daly King pubblicati nel 1935 erano otto:
1 - The Episode of the Codex’ Curse

2 - The Episode of the Tangible Illusion
3 - The Episode of the Nail and the Requiem

4 - The Episode of the ‘Torment IV
5 - The Episode of the Headless Horrors 
6 - The Episode of the Vanishing Harp 
7 - The Episode of the Man with Three Eyes 
8 -The Episode of the Final Bargain
Tuttavia alcuni anni più tardi, nel 1944 Daly King fu persuaso da Frederic Dannay (uno dei due cugini Queen, editor del EQMM) a scrivere altre 2 storie per l'Ellery Queen Mystery Magazine: una del settembre 1944 e un'altra del dicembre 1946. A queste due si aggiunse una pubblicata sul mensile Fantasy and Science Fiction nel febbraio 1951 (con lo pseudonimo di Jeremiah Phelan), ed una pubblicata postuma nell' aprile 1979 in quanto scoperta dopo la morte dell'autore, avvenuta nel 1963.
The Episode of the Little Girl Who Wasn't There 
The Episode of the Sinister Invention 
The Episode of the Absent Fish
The Episode of the Perilous Talisman 
Queste ulteriori quattro storie, mantengono molto alti i range narrativi di King; purtuttavia differiscono in modo marcato, in quanto il maggiordomo-dottore Kaoth viene rimpiazzato da un altro maggiordomo sempre orientale ma  filippino.
Perchè Daly King scrisse solo sei romanzi e solo otto storie prima della guerra, e dopo non ne scrisse  più (un settimo romanzo è attestato essere stato scritto ma il manoscritto ad oggi è da ritenere perduto), tranne appunto le quattro storie di cui si è parlato? Edward D. Hoch lo spiega nella sua introduzione dell'antologia di tutte le storie di Mr. Tarrant pubblicate da Crippen & Landru nel 2003: The Complete Curious Mr. Tarrant. A suo parere, la disaffezione a scrivere storie poliziesche nacque nello scrittore dal poco calore con cui vennero accolte in patria. Per Hoch questa disaffezione potrebbe essere spiegata con quella sorta di bizzarria di situazioni, che se incontrò il favore del pubblico britannico, tanto da meritare la pubblicazioine di tutti e sei romanzi presso Collins, non altrimenti fu accettata sempre calorosamente in America: per definire il tipo di storie, del resto Hoch usa il termine "too landlish" (=troppo strane).
I due racconti pubblicati da Polillo sono tratti dalle prime otto storie, mentre quello pubblicato sugli albi della Garzanti, è tratto dalle addizionali quattro storie.
Dei due pubblicati da Polillo, il più interessante e il più famoso è quello "del chiodo e del requiem", che è una Camera Chiusa che più chiusa non si può. Per certi versi è una delle camere chiuse più chiuse che vi siano mai state, e questo è il suo limite, sia in un senso che nell'altro. Cosa significa? Beh, forse è meglio dire quale sia la trama.
Mr. Travis Tarrant, e il suo amico e narratore Mr. Jerry Phelan, sono alle prese con un caso impossibile. Nell'attico di un palazzo, dove si trovano a parlare con l'amministratore, un antennista ha avvertito che c'è della musica che esce ad alto volume da una casa in cui sembra non esserci nessuno: il bello è che dovrebbe esserci invece, almeno una ragazza che è stata accompagnata sopra, e che non è stata vista allontanarsi. La musica che si ode, è quasi il presagio che qualcosa di luttuoso è avvenuto: è infatti un requiem, il Requiem di Palestrina.
L'attico è un guscio di cemento e vetri, in cui tutte le uscite, finestre e lucernario sono chiuse dall'interno; e così lo è anche la porta di entrata, con un catenaccio. Il passepartout dell'amministratore non funziona  essendo chiusa la porta dall'interno col catenaccio. Ma, per quanto strano, il padrone potrebbe essersi addormentato: è un pittore, Michael Salti, che non ha mai dato problemi agli altri condomini da quando un anno prima è venuto ad abitare. Così Tarrant si arrampica e cerca di guardare dal lucernario, che da luce al grande studio del pittore. Quello che vede però lo costringe a intimare all'amministratore dello stabile, di chiamare la polizia al più presto. Infatti, quando assieme ad un agente dipolizia, sfondano la porta, trovano una donna completamente nuda, oscenamente esposta su un divano e uccisa per mezzo di  pugnale che l'ha trafitta al petto, e che ancora è conficcato sotto il seno sinistro.Ai quattro lati del divano, quattro candele accese, completano la scena macabra.
La donna, nota negli ambienti cittadini, come una ragazza disinibita di facoltosa famiglia, ha portato alla rovina più di un uomo, da quando si è presentata un anno prima alla società perbene della città. Quindi, che prima o poi potesse finire male, non è un dato sul quale interrogarsi. Ci si interroga invece su uno più stringente: è un fatto che qualcuno la donna deve pur averla uccisa. Non solo: l'ha anche dipinta, nella posa straziante. E ha piantato un chiodo, laddove nel cadavere è infisso il pugnale. E per di più ha pure ritratto il sangue uscito copiosamente dalla ferita. L'opera di un pazzo, certamente pensa Tarrant. Ma un pazzo che deve aver escogitato un piano perfetto ed un trucco di altissimo ingegno se gli è riuscito di scappare da una stanza da dove non sarebbe potuto uscire neanche uno spillo. E volatilizzarsi, giacchè nessuno per di più l'ha visto uscire.
Tarrant tuttavia nota dei particolari di cui non riesce a capacitarsi: la presenza di un buco in un asso del pavimento, che corrisponderebbe al foro di un chiodo, come quello usato per forare la tela sul cavalletto, e il fatto che il cavalletto non dovrebbe stare dove è lecito che sia, cioè di fronte al divano, su cui giace il cadavere, ma è girato, dove non c'è ragione che stia, anche perchè il lucernario, anche questo sbarrato dall'interno, la funzione la possiede in qaunto la luce che da esso penetra, dovrebbe illuminare proprio il posto dove il cavalletto è presumibile che in un primo tempo fosse, da cui poi invece è stato spostato.
Tarrant si chiede questo, ma non riesce a venirne a capo. Potrebbe supporre che l'assassino si sia nascosto da qualche parte, per esempio sotto il pavimento, ma oltre quello che trovano nel bagno, non c'è nulla di simile nel resto dell'appartamento: sotto la vasca, sono state tolte delle assi de pavimento cosicchè c'è un buco, che si apre su una intercapedine che c'è tra il soffitto dell'ultimo piano dello stabile e l'attico propriamente detto. In uno spazio di settanta centimetri, un uomo potrebbe starvi nascosto: ma lì trovano solo polvere e sudiciume.
Tuttavia cosa stanno a farci un buco sotto la vasca, un asse del pavimento in cui è stato infisso un chiodo che poi presumibilmnente è stato infisso nella tela, e perchè il cavalletto è fuori posto?
Sono domande che sono senza risposta. Tuttavia il buon senso vorrebbe che se nessuno è uscito da quell'attico, l'assassino stia ancora lì, come sentenzia Katoh,il domestico dottore di Tarrant. E perciò Tarrant vorrebbe che montassero la guardia davanti alla porta dell'attico, due poliziotti e non uno che invece è messo dall'autorità di polizia. Lui ha provato ad utilizzare il grosso chiodo per cercare di svellere l'asse o per pigiarla, utilizzandolo cioè come un pomello, pensando ad una botola nascosta
Fatto sta che la mattina dopo, il poliziotto sembra svanito, anzi qualcuno testimonia di averlo visto uscire alle 3 e mezzo del mattino, e dirigersi verso una tavola calda. E qualcosa è avvenuto di strano: qualcuno ha tolto il chiodo dal quadro, per rimetterlo dopo al suo posto. Lo testimonierebbe il fatto che il foro nella tela sia più largo di prima.
Come ha fatto l'assassino a fuggire dall'attico ? E perchè il poliziotto è andato via violando la consegna?
Tarrant risponderà al quesito, scoprendo un secondo cadavere occultato e rivelando il modo come l'assassino si è nascosto.
E' evidente che un nascondiglio dovesse esservi. E siccome, nelle pareti è impossibile perchè sono in cemento, è altresì evidente che un nascondiglio deve essere stato in qualche modo ricavato proprio nel pavimento. Tuttavia il trucco di Daly King è direttamente connesso al perchè sotto la vasca del bagno vi sia un buco e manchino lì delle assi. Il trucco è particolarmente ingegnoso, ed è da mettere in relazione alla presenza di un foro di chiodo in un asse vicino in sostanza al muro dello studio in prossimità del bagno.
Al di là del trucco, che è poi l'anima del racconto, e che spiega anche il perchè il chiodo sia stato tolto e poi rimesso ( e già in questo viene messo ancor più alla prova il ragionamento: come fa l'omicida ad usare il chiodo che è infisso nella tela se egli è nascosto?), è proprio la particolare posizione del cavalletto, girata rispetto a quella iniziale, a fornire la prova che qualcosa debba essere avventio a livello del pavimento. E questo è il solo elemento a cui l'assassino non ha pensato, e quindi è il neo di tutto il piano delittuoso.
E' evidente che ci troviamo nel tipico caso di Camera Chiusa in cui l'assassino non è uscito, e aspetta che qualcuno gli dia la possibilità di uscire: il fatto come avvenga, lo mette in relazione con un altro celebre racconto di camera chiusa - in questo blog già analizzato -The Gemminy Cricket Case  di Christianna Brand, a questo successivo di oltre trent'anni. Probabilmente per come avviene, potrei anche ipotizzare una filiazione diretta del secondo dal primo. Un'altra filiazione da questo racconto potrebbe essere il romanzo di Charles Ashton (1948), Dance for a Dead Uncle, sempre in questo blog recensito:  lì intorno alla bara ci sono quattro candele accese; qui il divano con il cadavere fa pensare ad una bara.

Ma la filiazione principale è di questo racconto da altri soggetti precedenti. Come non parlare di The Big Bow Mystery (1892) di Israel Zangwill? Se questo romanzo cardine non ci fosse stato, altri costruiti sul medesimo espediente, magari variato, non li avremmo letti: da  Le mystère de la chambre jaune (1907) di Gaston Leroux a Whistle Up The Devil (1953) di Derek Smith, da Le petit onzième nègre (1977) di Jacquemard & Senecal a The Bone Collector (1996) di Jeffery Deaver.
Però l'esistenza di una botola, rappresenta il limite negativo del racconto, laddove il virtuosismo massimo di una camera chiusa sta proprio nel non contemplare botole, che quando presenti non sono funzionali alla  Camera, mentre qui una lo è.
Il racconto testimonia la sua discendenza vandiniana nelle figure dei due protagonisti: Travis Tarrant è nelle corde un'altra specie di Philo Vance, un uomo che pensa di vincere la noia solo risolvendo casi che metterebbero alla prova il cervello di ogni detective che si rispetti, mentre il Van Dine della stituazione è rappresentato da Mr. Jerry Phelan, il narratore, che parla sempre in prima persona, che entra nell'azione ma come soprammobile quasi, che partecipa all'azione in quanto solo testimone e narratore. 
Ovviamente vi è un servitore: questo è un maggiordomo orientale, Katoh, in sostanza una spia giapponese. Nel 1935, è un personaggio che si poteva accettare. Più tardi sarà rimpiazzato da un maggiordomo filippino con identiche caratteristiche: i giapponesi nel periodo bellico erano "i musi gialli". Se pertanto Kaoth nel 1935 si poteva ancora accettare, nel 1944 sarebbe stato impensabile.

P. De Palma



mercoledì 11 ottobre 2017

Ellery Queen: La grotta infestata (The Adventure of Haunted Cave, 1939) - trad. Mauro Boncompagni - da "Le falene assassinate e altri delitti" (The Adventure of the Murdered Moths and Other Radio Mysteries), Supergiallo Mondadori, Inverno, 2006

Nell'ambito dei radiodrammi, la produzione queeniana di testi con delitti impossibili è ben rappresentata: abbiamo già presentato uno, tratto da The Misadventures of Sherlock Holmes. Da oggi, presenteremo altri, tratti da Le falene assassinate e altri delitti. E presentando radiodrammi con delitti impossibili, non potevamo non incominciare presentando un autentico must: The Haunted Cave.
Si tratta di un radiodramma, che per il suo successo, fu replicato anche con contenuto più stringato, con altro titolo: presenta un classico delitto impossibile, che noi chiameremmo "variazione di Camera Chiusa". I puristi definiscono i delitti della "camera chiusa", quelli classici, in cui deve esserci uno spazio chiuso, che sia stanza, container, ascensore, rifugio atomico o quant'altro, chiuso dall'interno, da cui purtuttavia l'assassino e/o l'arma siano svaniti; mentre si definisce "delitto impossibile" quello maturato con condizioni appunto impossibili, per es.l'assenza di impronte sulla neve, o sulla sabbia bagnata o sul fango.
In questo radiodramma di Ellery Queen, c'è appunto questo.
La storia è quella di una cava infestata da uno spirito, che ha una sinistra fama: va in giro a strangolare persone. E' vicino alla baita del prof. Collins, sulla catena rocciosa degli Adirondacks. Presso la baita è ospitata Nikki Porter, ed è lei che invita Ellery a raggiungerla: ci sarà un'esplorazione ed un esperimento nella grotta. Due studiosi di fenomeni di parapsicologia ed occultismo, Colin Montague e Alexander Lewis intendono recarsi assieme alla grotta e restarci dentro per registrare eventuali presenze: Montague crede agli spiriti, Lewis no. Invariabilmente sono opposti l'uno all'altro, e avversari a distanza di tanti anni. In passato c'è stata gente che ha provato anche a fare soldi con la storia della grotta infestata: appose una porta di legno, faceva pagare l'ingresso, ma invariabilmente è dovuta scappare via.  La storia dello spettro risale a un secolo prima quando un bandito attirava viandanti nella grotta per derubarli, li strangolava e buttava i corpi nel lago: infatti sulla parete posteriore della grotta si apre un'apertura che comunica col lago sottostante. Il bandito fu poi arrestato ed impiccato: è il suo spettro che si aggirertebbe ancora per fare vittime, mentre i lamenti che si odono amplificati dalle montagne (li sentono anche Ellery e gli altri) sarebbero le grida delle  vittime.
Il giorno previsto per l'appuntamento, Lewis è puntuale, Montague no. Lo cercano in ogni dove, finchè non si scopre una serie di impronte che parte dal sentiero, attraverso uno spazio di terreno ridotto ad una distesa uniforme di fango da un acquazzone notturno, e arriva alla grotta: le orme, di piedi nudi, sono piccole, come quelle dei piedi di Montague. Evidentemente ha camminato a piedi nudi nel fango, per non sporcarsi le scarpe.
Lewis è furioso, perchè gli accordi presi vorrebbero che alla grotta ci sarebbero dovuti entrare assieme, perchè uno dei due non alterasse lo stato dei luoghi a suo pro. Chiamano, richiamano Montague ma senza risultato. Ellery che sospetta qualcosa, facendo attenzione a non distruggere le impronte, accede alla grotta, dopo aver aperto la porta, solo per accorgersi che per terra è il cadavere di Colin Montague strangolato, circondato dalle provviste che aveva portato con sè.
Non vi sono altri modi per accedere alla grotta, se non quella percorsa da Ellery e prima di lui da Montague; ci sarebbe l'apertura nella roccia, ma la parete è a strapiombo sulla roccia liscia, priva di appigli, e la finestra si apre a non meno di 15 metri dalla superficie dell'acqua. Inoltre sulla roccia vicino all'apertura non vi sono pioli o sporgenze a cui sia stato possibile legare una scala di corda o solo una fune per arrampicarsi. Ellery, il padre e Velie esaminano bene il percorso: sul fango non si notano tracce di qualcosa che sia stato poggiato, o fori nel fango (tanto per capirci: assi di legno poggiati sul fango a fare da passerella fino all'apertura, o le tracce di racchette da neve o altri marchingegni), ma solo impronte, quelle piccole di Montague.
Come ha fatto l'assassino ad entrare e poi ad uscire?
Ad uscire, è facile: si è buttato nel lago e poi ha nuotato sono a raggiungere la riva. Il nodo dell'impossibilità riguarda l'entrata: come ha fatto ad entrare? Sempre che sia umano, e non invece lo spettro dello strangolatore.
Il solo indizio che sia umano è dato dalle impronte delle mani che hanno tolto la vita a Montague: la cosa curiosa è che non si trovano anteriormente alla gola ma posteriormente.
Per il resto, c'è una serie di testimonianze, per cui nessuno sicuramente è andato lì quando era notte e poi ha atteso Montague : questo avrebbe spiegato l'assenza di un'altra fila di orme. Ma di notte, tutti avevano alibi. quindi se è avvenuto qualcosa, è avvenuto di mattina, quando aveva piovuto per l'intera notte e lo spazio davanti alla grotta presentava una distesa di fango immacolata.
Poi vi sono una serie di testimonianze, tra cui spicca quella di Gabriel Dunn, un boscaiolo, che dice di aver trovato nei pressi della baita di Collins, quindi prima di arrivare alla grotta, i segni inequivocabili di una scivolata, come se qualcuno, uscendo dalla baita sia scivolato sulle pietre che delimitavano il sentiero e sia caduto su un cespuglio, cosa che la sera prima non c'era. Tutti negano, e del resto c'è la possibilità che sia stato Montague a scivolare prima di andare a farsi strangolare nelal grotta. Moventi ve ne sono un'infinità. Tutti più o meno avrebbero avuto un motivo per strangolare l'occultista: la moglie del professor Collins, nel caso di ricatto di Montague, essendo lei scappata lasciando la figlia a Montague, e sposandosi con Collins senza divorziare e quindi essendo bigama; Collins stesso, avendo Montague contratto dei debiti da lui e poi non avendo la possibilità di pagarli, aveva stipulato un'assicurazione sulla vita pari esattamente al valore del debito, per cui uccidendolo Collins sarebbe ritornato in possesso dei suoi venticinquemila dollari; lo stesso Lewis, perchè Montague gli aveva promesso in caso di sua morte, tutta la sua collezione inestimabile di volumi sull'occulto.
In quest'atmosfera di rivelazioni, svenimenti femminili (Sue Collins e poi Laura Montague, madre e figlia, dopo le rivelazioni dell'Ispettore Queen) e accuse di possibili moventi, spunta fuori un secondo assassinio sempre dentro la grotta, il giorno dopo: è il domestico di Collins, Finch, a essere stato ucciso nella grotta; vicino a lui i resti di una fotocamera rotta, a delineare la possibilità di un ricatto finito male.
A questo punto, dopo la consueta sfida al lettore (anzi all'ascoltatore qui), Ellery inchioderà il duplice assassino e risolverà il mistero dell'unica serie di impronte.
Questo radiodramma ebbe un discreto successo: la prova è che dopo la porima andata in onda con titolo originale, il 22 ottobre del 1939, fu ripresentato, il 13 aprile del 1944, con altro titolo (che però richiama questo): The Adventure of Dead Man's Cavern, e un plot se non simile in tutto, lo è almeno per quanto il delitto vero e proprio: caverna, uscita posteriore non praticabile, distesa di fango immacolata davanti, vittima strangolata dentro la caverna, le cui impronte sono quelle rinvenute nel fango: l'assassino sembrerebbe essersi volatilizzato. La doppia andata in onda in sostanza del medesimo radiodramma, riscritto, è spiegabile col fatto che la prima andata in onda avvenne nel 1939, per conto di emittente radio della costa dell'ovest , mentre nel 1944 , essendo nata un'emittente che si rivolgeva agli stati della costa dell'est, il radiodramma fu ripresentato con altra forma e altro titolo. In quest'occasione, gli attori che interpretarono i vari personaggi furono tra gli altri Sydney Smith e il grande Orson Welles (che interpretò solo questo radiodramma queeniano, nel 1944).

La soluzione diciamolo subito, non è originale: deriva da un romanzo di Gaston Boca, un grande e dimenticato scrittore francese, di cui in futuro parlerò in ragione di suoi due romanzi pubblicati nelle Palmine anteguerra (in tutto i suoi romanzi polizieschi sono tre: L’Ombre sur le jardin,Les Usines de l’effroi,Les Invités de minuit). Questa soluzione poi è stata riutilizzata qualche anno fa, per una delle due soluzioni di un racconto di Halter inedito in Italia, Le loup de Fenrir: Paul quando gliel'ho chiesto, ha dichiarato di non aver letto neanche uno dei romanzi di Boca, e quindi è probabile che avendo lui letto quasi tutto di Christie Carr e Queen, il ricordo di questo radiodramma gli sia rimasto addosso.

P. De Palma

mercoledì 4 ottobre 2017

Ellery Queen: La scomparsa di James Phillimore (The Disappearance of Mr. James Phillimore, 1944) da "The Misadventures of Sherlock Holmes" di Ellery Queen; Trad. Gian Franco Orsi - in Radiogialli, Oscar Mondadori,1989

La scomparsa di James Phillimore è uno dei pochi radiodrammi , di quelli scritti originariamente dai due cugini Queen, che siano stati pubblicati in Italia. In verità non fa parte dell'unica raccolta fin qui approntata, Le falene assassinate e altri delitti, prima pubblicata in Supergialli Mondadori e poi in Oscar, ma di un prezioso Oscar singolo, pubblicato nel 1989, "Radiogialli", nella collana "Teatro e cinema" (?????) a cura di Gian Franco Orsi. In questo mitico Oscar, sono contenute altre rarità: La cabina B-12, Il boia non aspetta  e L'arciere fantasma, di Carr; L'indizio invisibile, e L'uomo che raddoppiava i diamanti,di E. Queen; La diciannovesima perla, di D. Hammett; Incendio nella notte, Un libro in prestito, Il baule La sveglia, di C. Woolrich; e S.Holmes: il caso dell'avventuriera assassinata, di Denis Green / Bruce Taylor.
Il racconto che esamino a sua volta fa parte di una antologia, pubblicata a cura di Ellery Queen e mai apparsa in Italia (e che probabilmente non verrrà mai pubblicata, per la difficoltà oggi come oggi, di reperire, contattare e concludere contratti con i singoli agenti di tutti gli autori compresi in essa), The Misadventures of Sherlock Holmes, pubblicata nel 1944. Ellery Queen (cioè Dannay) curò per essa la prefazione, e l'inserimento di un suo radiodramma, andato in onda l'anno prima, il 14 o 16 gennaio 1943, La scomparsa di James Phillimore.
La genialità di Dannay sta nell'aver rielaborato un precedente caso di Sherlock Holmes rimasto insoluto, citato in The Problem of Thor Bridge adattandolo al suo tempo, realizzandolo nella medesima maniera, ma dandogli compiutezza e una soluzione.
Perchè dico "adattandolo al suo tempo"? Perchè Ellery Queen confronta la scomparsa di James Phillimore citata da S. Holmes (l'uomo che ritornò in casa per prendere l'ombrello e svanì nel nulla) con quella di altro Jams Phillimore al suo tempo. Come è possibile, egli si chiede, che un James Phillimore, vissuto un secolo dopo quello citato da S.Holmes, scompaia nelle medesime circostanze? Egli risolverà l'arcano e spiegherà come abbia potuto svanire nel nulla, ma nello stesso tempo fornirà una possibile soluzione dell'altro caso più antico, quello insoluto.
Tutto si basa sulla scomparsa di un certo James Phillimore, nipote di quello sherlockiano, famoso per la truffa del 20%: allorchè il padre di Ellery con l'inseparabile sergente Velie ed altri agenti stavano per acciuffarlo, egli si ferma sulla soglia della porta d'ingresso, guarda il cielo, e decide improvvisamente di rientrare per prendere l'ombrello. Dovrebbe riuscire, ma non esce più. Passano quindici minuti, poi di più: Phillimore non esce. Queen , che aveva fatto presiedere tutte le uscite della casa (altre porte, finestre e quant'altro, da suoi agenti fidati), fa irruzione nella casa, controlla, esamina, butta all'aria tutto, ma di Phillimore neanche l'ombra trovano. Si è realizzato quello accaduto cent'anni prima a S.Holmes.
Richard Queen, controvoglia, è costretto a sottoporre il caso all'intelligenza di suo figlio: non avrebbe voluto perchè è influenzato, ha la febbre ed è sottoposto alle amorevoli cure delle sua segretaria Nikki Porter. Tuttavia, non sapendo che pesci pigliare, deve rivolgersi al suo deus ex-machina.
Il padre esamina quello che il figlio gli ingiunge di verificare che non lo sia stato già: il frigorifero, il pianoforte a coda (dato che Phillimore è un mingherlino alto circa un metro e mezzo). Ma nulla: Phillimore non è neanche lì. Poi arrivano i carbonai che devono effettuare il rifornimento del carbone per la caldaia: Ellery insinua che Phillimore, nel momento in cui i poliziotti sono in un ambiente, si possa essere spostato in un altro, per esempio sotto il carbone: Velie finisce a spalare carbone, ma neanche Phillimore è lì. Può essere che possa essersi mascheraro da carbonaio?
In quel mentre, dopo che il padre gli ha elencato tutti i posti che ha perquisito, Ellery ha un lampo di genio: lo studio, che dà direttamente nell'atrio della casa, ha tra gli altri mobili, ovviamente una scrivania, a ribalta (quella con la saracinesca che si apriva e chiudeva): Ellery pensa che Phillimore possa essersi nascosto lì dentro. Perquisiscono la ribalta ma appurano che è vuota. 
Poco tempo dopo squillano alla porta: è il ragazzo della posta che deve consegnare un telegramma a mano, indirizzato a Biggs (il maggiordomo di Phillimore): in esso il suo padrone gli ingiunge di portargli vestiti ed effetti persoanli e soldi nel solito posto, giacchè è riuscito a fuggire.
Come ha fatto Phillimore ad evadere da una casa le cui uscite erano guardate a vista?
Ellery dopo un attimo di ebetismo, riuscirà a risolvere il mistero, a dire come sia potuto sparire, e pure a farlo acciuffare.
La storia, che è costruita su dieci scene, di cui le due uiltime costituiscono la soluzione, è una delle più brillanti mai costruite dalla coppia di scrittori (direi da Dannay per lo più). La soluzione è bene dirlo, si basa su storie precedenti di altri scrittori, abilmente manipolate, intersecate e inserite in un contesto del tutto nuovo: parliamo cioè di The Valley of Fear, romanzo di Conan Doyle (il quarto e ultimo con Conan Doyle, diviso in due parti, la soluzione e l'antefatto, secondo uno schema che verrà seguito da altri scrittori a lui successivi: parlo per es. di The Murders in Praed Street di John Rhode, per esempio) e di The Unicorn Murders, di Carter Dickson. Però la storia ha la brillantezza e spettacolarità che caratterizzano le opere fino agli anni '40 di Ellery Queen. E inoltre essa ben si adatta ad essere radiotrasmessa, in quanto vi sono momenti che si prestano bene ad una caratterizzazione scenica: per esempio lo squillo del campanello della porta di servizio che apre le scene VI e VII, quando arriva il carbonaio prima e ritorna Velie poi, che li ha accompagnati a rifornire la caldaia di carbone; l'ispettore che chiude con il chiavistello la porta posteriore dal di dentro; lo squillo del campanello della porta d'ingresso, che annuncia l'arrivo del fattorino dei telegrammi; o quando squilla il telefono e l'ispettore parla con suo figlio a letto.
Il racconto inoltre esplora e sicuramente anticipa la possibilità della cosiddetta soluzione a mente fredda di qualcosa che è lontano nel tempo o nello spazio: Ellery è costretto a letto, eppure in base al resoconto fattogli, riesce a ricomporre i pezzi del puzzle. E' un processo deduttivo seguito da altri grandi detective: a memoria, mi ricordo di una delle avventure del giudice Allou di Vindry che recensii molto tempo fa, oppure il recentissimamente pubblicato in Italia The Tokyo Zodyac Murders di Soji Shimada. 
Al di là di questo, il racconto anticipa un'altra avventura di Ellery Queen, in cui riuscirà a risolvere un caso che Sherlock Holmes non era riuscito a risolvere: A Study in Terror, del 1966, romanzo non originale dei due cugini, ma scritto a quattro mani anzi a sei, con Paul Fairman, in cui Ellery si confronterà, sulla base di uno scritto del dottor Watson del 1888, con Jack lo Squartatore, riuscendolo ad identificare e chiarendo il mistero del caso irrisolto da Sherlock Holmes. A sua volta il romanzo, riprendeva l'impostazione base da un film dell'anno prima, avente lo stesso titolo, la cui sceneggiatura era stata scritta dal figlio di Conan Doyle, però giungendo a risultati diversi da quelli del film.

Pietro De Palma